martedì 29 aprile 2014

Donne che amano troppo

Incontro del 7 aprile 2014 Milano Casa circondariale San Vittore. 
La dipendenza affettiva: un attegiamento naturale o una malattia?
Azalen Tomaselli, Giorgio Cesati Cassin, Leandro Gennari Simon Pietro De Domenico con le persone detenute.
Ormai la primavera riscalda la città con il suo sole benefico. Leandro Gennari e Giorgio Cesati Cassin chiacchierano davanti al bar quando arrivano Azalen e Simone. Tutti assieme varcano il pesante portone di San Vittore e salgono al sesto secondo. L’aula-cella è vuota e si predispongono le sedie, mentre Simone si impadronisce del registro per verificare che tutti i partecipanti siano stati chiamati. 

Dopo la lettura rituale del resoconto, (Lo scorso incontro abbiamo parlato di tradimento, vedi QUI) Azalen mostra il fortunato volumetto di Robin Norwood dal titolo provocatorio: Donne che amano troppo, un saggio apparso nel 1985 e arrivato alla sua 62° edizione con l’universale economica Feltrinelli. Un best seller che ha suscitato molto reazioni e che continua a essere letto dalle donne che si dibattono sul letto di Procuste della sofferenza d’amore. 

L’argomento è scomodo e Azalen è subito messa in minoranza da una raffica di commenti scettici. Ha appena spiegato che le donne piene di dedizione innamorate dell’uomo sbagliato, spendono tutte le loro energie per cambiarlo. Queste donne sono affette da un disturbo chiamato dipendenza affettiva che ha radici nella loro infanzia infelice. Consiste nell’essere dipendenti dall’uomo e non poterne fare a meno anche quando lui le maltratta, le picchia, le tradisce. 


Simone chiede: "Questa dipendenza è positiva o negativa?" Giorgio risponde che è ambigua, ma Simone sostiene che è sempre negativa, non è sana perché condiziona la libertà del partner. Giorgio Cesati azzarda: "Magari uno è felice.." Luigi precisa: "può avere lati positivi e negativi" portando l’esempio del bambino che ha bisogno della dipendenza perché deve avere un modello e conclude: “C’è a chi piace, può essere comodo”. 

Simone incalza nelle su argomentazioni bollando come riduzionista il saggio della psicoterapeuta americana, infatti offre un spiegazione semplice di comportamenti complessi e difficili da catalogare e ricorre alla vittimizzazione femminile. E’ il solito saggio femminista unilaterale e poco obiettivo, pontifica. Poi afferma che la dipendenza rende la persona che si ama paragonabile a un oggetto, il dipendente è collegato con qualcun altro che ha il potere di soddisfare i bisogni. E' sempre debole. 

Luigi replica “Siamo fatti per essere dipendenti, l’essere umano non è capace di essere indipendente”. John interviene per valorizzare l’onestà del rapporto. Simone rilancia la sua tesi e afferma che vittime sono i non dipendenti perché subiscono un rapporto morboso. 

Leandro Gennari rimasto a ascoltare il dibattito, osserva: "ognuno cerca la propria felicità e la persona che hai scelto diventa la padrona, può essere una relazione di odio o di emulazione"

John sposta l’argomento sulle varie culture, sostenendo che nei paesi democratici le donne amano comandare e che il sistema di valori dipende dal contesto, poi racconta che con lui in cella c’è un egiziano e che in quel paese la situazione delle donne è drammatica. 

Luigi solleva una domanda: "Come si fa a scegliere la persona giusta? La donna è ossessiva perché ha paura di fare un altro tentativo fallito". Il discorso si aggancia all’impronta ricevuta nella famiglia di origine, ai modelli trasmessi, alla loro tendenza a riprodursi e Leandro Gennari chiede: “Perché non scrivete quattro righe sul comportamento di vostro padre e di vostra madre?”. 

Jerry sostiene che l’amore dei genitori è offuscato da preferenze verso un figlio perché corrisponde ai loro progetti o realizza le loro ambizioni. Un partecipante domanda: “Uno da chi deve prendere esempio se i genitori sono drogati, mio padre predicava bene, ma razzolava male. Mia madre era furiosa e tirava la formaggiera, io mi divertivo e li amavo tutti e due!”. 

Simone ritorna alla carica con la sua critica al saggio che secondo lui banalizza e usa stereotipi vieti come gli esempi di violenza: è un manuale che si può riassumere così: “L’uomo, istruzioni per l’uso”. Un libro di genere e riduzionista, sentenzia in accordo con Giorgio Cesati e Leandro Gennari. Anche Azalen alla fine ammette di essere critica sul libro della Norwood.

"Perché cinque milioni di copie?" Domanda Azalen. E’ il ritratto dell’America, risponde qualche partecipante e Jerry autore di un testo bellissimo che tutti i partecipanti hanno ascoltato con interesse, commenta: “Ognuno supplisce alla mancanza dell’altro”. 

Su questa frase si conclude l’incontro tra saluti e strette calorose di mano.

* I nomi dei detenuti sono di fantasia

Nessun commento:

Posta un commento