mercoledì 9 aprile 2014

L'economia è un bene o un male?

Incontro del 17 marzo 2014 Milano Casa circondariale San Vittore. 
Greta Mancassola propone un incontro in cui si parli di economia.
Azalen Tomaselli, Giorgio Cesati Cassin, Greta Mancassola Simon Pietro De Domenico con le persone detenute.
Oggi l’aria calda, al di sopra della media stagionale spira sulla città. E’ il miracolo della primavera: per le strade macchie di giallo luminoso (sono le forsizie in fiore) si mischiano al verde delle prime foglie spuntate dai rami spogli. La stagione mite porta un’insolita animazione nel viale alberato che Azalen e Simone percorrono prima di svoltare in via degli Olivetani. Lì attendono puntuali Giorgio Cesati Cassin e Greta Mancassola. Il gruppo al completo varca il portone di San Vittore. 

Al sesto secondo, l’atmosfera è cordiale. Dopo la lettura rituale dei resoconti, (due perché uno non era stato letto durante l’incontro precedente) Simone invita Greta a esporre il suo progetto di offrire alcune nozioni di economia, materia che studia all’università Bocconi. Greta Mancassola incomincia a spiegare come l’economia entri nella vita di tutti giorni. Chiede a bruciapelo “Che cos’è per voi l’economia?”  

Raccolte le opinioni del gruppo, precisa subito che l’economia non si limita a fare i conti, a calcolare gli utili, ma riguarda abilità che bisogna imparare a usare in tutti le occasioni. Precisa che tratta anche del modo con cui si influenzano le decisioni in un gruppo, con cui si impara a collaborare con altri e si riescono a evitare quei comportamenti che disgregano il gruppo. Dopo questa premessa, chiede ai presenti se hanno delle domande o delle curiosità. Giorgio chiede immediatamente: “L’economia è un male o un bene?” 

La domanda suscita delle reazioni e Luigi risponde: “Si deve capire l’economia perché fa parte del nostro quotidiano, a me piacerebbe che se ne parlasse per la nostra sopravvivenza qui” e John soggiunge: “L’economia la si trova nel modo di condurre la famiglia, sull’attenzione allo spreco”. 

Giorgio, non contento delle risposte, esorta con la sua voce teatrale: “Date libero sfogo alla fantasia! La Fontaine!” Ma John come se non avesse sentito continua: ”Non si può vivere in un mondo senza economia”. Francesco in sordina replica: “Si piò ricorrere al baratto”. 

Simone, a questo punto, si unisce all’opinione prevalente circa la necessità di una dimensione economica: ”E’ necessaria e connaturata alla natura umana”, afferma. Greta guardando Baker che ha un berretto in testa  gli dice: “Adesso io ti propongo di scambiare le mie stringhe con il tuo cappello. Ti sto facendo un’offerta di mercato”. 

Luigi che ha seguito il discorso interviene: “Il concetto è sbagliato: l’economia non è evitare di sprecare, è attribuire un valore”. I pareri presto si moltiplicano dando la netta impressione che ognuno dei partecipanti abbia una propria idea sul tema da dibattere. 

Jerry, rimasto silenzioso a lungo, getta un’altra posta sul banco, introducendo l’argomento dell’import-export con alcune economie oggi imperanti come la Cina. E’ Azalen però a fermare la discussione un po’ disordinata invitando Giorgio  a raccontare la favola di La Fontaine. 

Giorgio stupisce l’uditorio con una sua versione riveduta e corretta del celebre testo, che recita con piglio attoriale. Ecco in breve la sua versione: 
la formica che ha passato tutta l’estate a accumulare le  sue scorte per l’inverno, mentre la cicala cantava e ballava, una sera di inverno sente bussare alla sua porta. Apre e vede davanti a sé la cicala, non infreddolita e stremata come nella famosa favola, ma tutta impellicciate e ingioiellata. Sporge la testa e scorge una limousine con uno chauffeur che sta impettito a aspettare il ritorno della padrona. “Sono venuta a trovarti” dice la cicala. Del tutto stupita la formica chiede alla cicala che sbatte le ciglia spennellate di mascara: “Come hai fatto? Come mai sei così bella”. “ Sono stata a Parigi. Ho incontrato un ricco calabrone e adesso vivo in un attico e non so come spendere tutto quello che ho”. 
Giorgio commenta il suo racconto della cicala con il “carpe diem” con l’invito a godere e a bandire l’avarizia. Il discorso cade sul pessimismo che ormai ci pervade e non fa uscire dall’impasse in cui ci troviamo, nell’attuale economia in recessione. Un ragazzo commenta: Il dolore ci rende umili. Simone gli fa eco sostenendo che ogni realtà ha qualcosa da dare. Azalen chiede: “Chi di voi si sente  formica e chi cicala?”. 

Renata risponde: “Io sono una cicala”. Simone a sua volta dice: “Io, formica aspirante cicala”. John rispondendo alla domanda iniziale, se interessi la proposta di Greta,  prospetta la possibilità di trarne utilità, imparando come  gestire un’attività, quando sarà libero.

Luigi chiede invece di essere aiutato a sopravvivere in carcere. La conversazione segue una deriva sul costo maggiorato dei prodotti alimentari, perché comprende il salario dello spesino e sulla qualità scadente della mensa che crea disuguaglianza tra chi può provvedere ai propri acquisti e chi non ha possibilità economiche.
Greta replica che quella dentro il carcere non è economia, perché non c’è possibilità di fare scelte.  Un partecipante dice “L’economia, fuori, parte da se stesso”. 

A conclusione Giorgio legge un suo racconto intitolato La lettera, uno scambio epistolare tra il generale Ficarazzi e il suo ex allievo, il militare Gaudenzio De Gaudenzis, scelto come capo-plotone. Un giovane promettente, sveglio, serio, stimato e benvoluto come l’allora tenente aveva scritto, facendo parte della commissione che lo promuoveva di grado. La commozione coglie Gaudenzio nel leggere le parole del suo vecchio superiore e i ricordi volano lontano, ma l’indirizzo riportato sulla lettera di risposta, rivela un elemento che getta nuova luce sui due protagonisti. 

Giorgio postilla il suo racconto con questa osservazione lapidaria: “Non sempre quello che appare in un certo modo lo è”. Con questa frase e con lo scambio dei saluti e delle strette di mano, il gruppo si scioglie.  

* I nomi dei detenuti sono di fantasia

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