venerdì 27 marzo 2015

Lettera a Fabrizio

PAROLE OLTRE - LA VOCE DEI DETENUTI

Lettera a Fabrizio. 
di Jorge

Mio piccolo dolce Fabrizio,


Nella mia mente conservo ancora il ricordo del primo istante in cui ti vidi. Eri un sogno, eri un sogno che si avverava.
Avevi un viso paffuto e tondo.
Eri il bimbo più bello del mondo e il tuo papà non ti dimenticherà mai.
E se un giorno tornerai, spero che mi perdonerai, per tutti i giorni che non ti sono potuto stare accanto.
Ma ti ho sempre amato tanto.
Nei miei sogni vedo finalmente noi tre uniti per sempre (io, la mamma e tu) per non lasciarci mai più.
Ti vorrò sempre tanto bene.
Tuo papà.


Siete la cosa più importante della mia vita.
Tu e la mamma.

sabato 7 marzo 2015

La religione è come una miccia

Incontro del 12 febbraio 2015 Milano Casa circondariale San Vittore. 

Una libera riflessione sulla religione tra credenti e non credenti.
Leandro Gennari, Iginia Busisi Simon Pietro De Domenico con le persone detenute.

La caduta dell'angelo - Marc Chagall (1923-1947)
Oggi al Libroforum partecipano Iginia, Leandro e Simone. L'argomento che ha proposto Leandro è una riflessione sulle religioni. Prende subito la parola Iginia, che introduce l'incontro leggendo le prefazione del libro Triangolo Rosso (Vedi QUI per il testo integrale), di don Paolo Liggeri, uno degli eroi della resistenza italiana. Arrestato dai fascisti nel 1944 per avere aiutato e nascosto persone di religione ebraica, è stato recluso a San Vittore, allora in mano alle SS e, in seguito, deportato nei campi di concentramento di Fossoli, Bolzano, Mauthausen, Gusen e Dachau. 

Triangolo Rosso è il diario della sua tragica esperienza detentiva. Questo ha dato inizio a una discussione sulle religioni e sul potere che esse hanno sulle popolazioni, soprattutto quando diventano religioni di stato.

In particolare due passaggi del testo colpiscono l'uditorio:

Quando gli uomini non hanno una fede soprannaturale, diventano facilmente bestie. Quando gli uomini non credono in una giustizia superiore, infallibile e inappellabile, diventano capaci delle più inaudite nefandità e scelleratezze.

Tutti gli uomini, (…) quando perdono il senso del divino, molto facilmente finiscono con il perdere anche il senso dell'umano: non credendo in Dio, distruggono gli uomini, e, di conseguenza, anche se stessi.

Il “senso del divino” ha provocato una bella e profonda discussione perché è appurato che anche nelle tribù più primitive questo mistero di qualcosa di sconosciuto, potente, superiore emerge nel culto degli antenati e già con evidenti segnali di distinguere tra il fare del bene e il fare del male. Lo stregone è chiamato presso il malato per scacciare gli spiriti maligni. Qui già nasce il potere dello stregone perché parla con forze sconosciute. Potere che via via nel mondo pagano passa ai sacerdoti e agli oracoli. Ma adesso questo potere non è più controllabile? E tornando al senso del divino che non è la religione è innato nel cuore dell’uomo? La domanda rimane sospesa.

Simone invita i partecipanti a interrogarsi sulla relazione tra la perdita del senso del divino e la perdita del senso dell’umano, ma nessuno sembra condividere le parole dell'autore.

martedì 3 marzo 2015

Lettera a un figlio che diventerà papà

PAROLE OLTRE - LA VOCE DEI DETENUTI

Lettera a un figlio che diventerà papà. 
di Luca Sainaghi
La paternità vissuta in carcere deve confrontarsi con i sentimenti di impotenza e solitudine rispetto a norme che limitano l’evolversi naturale di una relazione affettiva. Nel testo riportato le immagini di padre e figlio si confondono, le distanze generazionali si annullano e i ruoli reciproci sono oggetto di scambio. L’uomo che ha fatto soffrire e che è stato fonte aspra di insegnamenti e di conflitti diventa per il figlio pietra di paragone, da imitare e dalla quale differenziarsi. In un’epoca caratterizzata dalla evaporazione del padre e dal declino di ogni forma di autorità, rimane l’ancoraggio di una figura che offre la propria esperienza, in questo caso drammatica, come base per articolare un messaggio di forza e di speranza.

A UN FIGLIO CHE DIVENTERÀ PAPÀ

di Luca Sainaghi

Questa mattina ho pensato a te, poi a mio padre, tuo nonno… Pensavo a te e mi veniva da piangere e i pensieri correvano a quando ti ho visto nascere, a quel meraviglioso momento. Ti ho amato tanto in questi anni, ma anche rifiutato…

Rifiutato perché tu toglievi spazio a me, alla mia relazione con la mamma, a volte il tuo esistere mi agitava, il tuo richiedere attenzioni quasi mi affaticava; eppure eri così piccolo e indifeso, così bello da coccolare, così dolce quando dormivi, così odorante di latte… un odore indimenticabile.

Negli anni tu crescevi, ma io non riuscivo a essere coerente nell’amarti, quante volte mi sono stressato nel correrti dietro quando dovevo importi una regola; tantissime altre volte tua madre mi ha scaricato le sue ansie, le sue stanchezze, rispetto all’educarti, allo starti dietro, alle malattie. Ti ho ripreso dopo un brutto voto, ti ho punito per la tua eccessiva vitalità. A volte ti ho sgridato, forse sculacciato per poi pentirmi e stare male.

Tu eri un po’ me, quel bambino che guardavo ero io e io ero il mio papà.

Sembra una magia detta così, invece questa proiezione di me in te, mi ha angosciato, non volevo essere mio padre, spesso avrei voluto essere te.