mercoledì 28 dicembre 2011

Il Volo

PAROLE OLTRE - LA VOCE DEI DETENUTI

Il Volo
di Marcello Ghiringhelli

L’uomo già avanti con gli anni rinchiuse dietro di sé la porta che dava sul terrazzo dello stabile mettendo in tasca le chiavi e si incamminò verso il parapetto, immerso in una ridda di pensieri: ricordi che si rincorrevano e si scontravano, si univano e si disperdevano, intanto che osservava la città, in basso.

Con gli occhi della mente rivide il volto mai dimenticato della sua amata Yvonne, che solitamente chiamava “la mia Monnalisa”. E nel contempo, gli ritornò alla memoria la vita con lei, giorni e notti felici, e il suo accento dello Champagne, ma ugualmente petillant. Poi, improvvisamente, la immaginò, come aveva fatto mille volte, cadere sotto i colpi dell’O.A.S..

Il mondo si oscurò.
Il cielo si oscurò.
La vita non ebbe più alcun senso.

Dopo un attimo, il film riprese a scorrere e ammirò la sua amata bimba Sabine, con gli occhi azzurri e i capelli neri, tutta sua madre. Ma il suo cuore si arrestò per un istante, nel riprovare l’emozione di averla persa “a tout jamais” per le scelte di una vita al di fuori della legge, prima, e,  perché "innamorato"  della Rivoluzione, poi..

Eppure molta gente lo rispettava e gli voleva bene. A fronte  dell’odio che gli mostravano  le autorità costituite dello stato.  In tutti quegli anni trascorsi in carcere non avevano mai smesso di ingiungergli: 

“Se stai zitto, muori”.
“Se parli, muori”. 
Quindi, parla e muori. 

Ma lui non aveva mai ceduto.  Rivolse lo sguardo alle auto e ai passanti minuscoli come dei giocattoli. Alzò gli occhi al cielo, un cielo terso che pareva uscito dalla mano di un pittore impressionista. Mentre la sua mente vedeva scorrere la sua vita attraverso un caleidoscopio e, fiero di quello che vide, il suo cuore esultò di una gioia quasi selvaggia mentre volava incontro alla sua Yvonne che lo aspettava a braccia aperte e con il sorriso dei suoi vent’anni.


lunedì 19 dicembre 2011

Benedetto XVI visita il carcere di Rebibbia

Riflessioni di Azalen Tomaselli

Non è una novità che la massima autorità della Chiesa si impegni a dare conforto ai carcerati, agli scarti della società, come sono comunemente ritenuti anche dai migliori di noi. Già lo hanno fatto ripetutamente i suoi predecessori, e queste visite rientrano in una collaudata consuetudine pastorale.
Allora perché parlarne? Non certo per dovere di cronaca. Ma per fare luce sul momento in cui questa visita avviene e sul significato simbolico di cui si riveste. Anche per il modo fuori dai protocolli con cui  Il Papa si è intrattenuto  a colloquio con i detenuti,  ascoltando le loro richieste.  «VORREI potermi mettere in ascolto della vicenda personale di ciascuno, ma purtroppo non è possibile …” ha esordito, poi ha messo l’accento sui problemi che pesano sul nostro sistema penitenziario, primo fra tutti, il sovraffollamento e la condizione di reietti che questo sovraffollamento impone . “Voi scontate una doppia pena che rende più amara la detenzione “, ha riconosciuto il pontefice. Ratzinger sa che il significato di questo incontro sarà letto in chiave di politica interna e rivolge un appello al Governo perché presti attenzione alla condizione di vita dentro i penitenziari, il sovraffollamento è una doppia pena, ribadisce. 


giovedì 8 dicembre 2011

Colpa e perdono

Cattura di Cristo - Caravaggio (1602)

Le
considerazioni di Luca mi suggeriscono alcune risposte sul tema complesso della giustizia. Vorrei avventurarmi sul terreno impervio della colpa che rappresenta la polarità dialettica della giustizia. Il concetto di colpa evoca quello del male. La prima domanda che solleverei è la seguente: il male si concilia con la modernità? Con un mondo che cambia continuamente i suoi modi di affrontare la realtà e che deve continuamente dismettere vecchi sistemi valoriali in una rincorsa che non ha fine? Il male è metafisico o è inserito nel tempo e del tempo è la rappresentazione più evidente? E’ infatti il tempo a decretare ciò che è male e per chi: per l’autore per il destinatario, per la vittima ..Il rischio di queste domande è di negare la stessa esistenza del male mettendo sullo stesso piano comportamenti anche opposti e trovando delle giustificazioni a posteriori.  Considerare tutto lecito è il principio che arma la mano di Raskol'nikov, il protagonista di Delitto e castigo, forse un antesignano della modernità. Il concetto di colpa è d’altronde collegato a quello di responsabilità nel suo senso etimologico di “rispondere” a qualcuno dei propri atti. 



giovedì 1 dicembre 2011

Riflessioni sul nostro sistema giudiziario

PAROLE OLTRE - LA VOCE DEI DETENUTI

Riflessioni sul nostro sistema giudiziario
di Luca

Riflessioni di un ex detenuto che ha espresso il desiderio di poterle condividere anonimamente attraverso il Blog Liberante.net.

Si potrebbe cominciare così…

Si potrebbe incominciare da qui, dal comprendere il sistema giudiziario esistente e, ove sia possibile, modificandone le vedute, migliorandolo per un’equità sociale e un rispetto dei diritti fondamentali dell’uomo, per potere infine immaginare l’esistenza di pene alternative al carcere.

La concezione secondo la quale chi trasgredisce deve essere sottoposto a una pena, e cioè deve soffrire, si basa certamente sulla teoria del premio e del castigo, dove la conseguenza della violazione della regola non può essere che il castigo.
D’altra parte l’idea retribuzionista della pena è fondata, a sua volta, sull’idea che sia giusta l’esclusione.