giovedì 31 luglio 2014

Pasquale Bruno il brigante siciliano

Incontro del 21 luglio 2014 Milano Casa circondariale San Vittore. 
Il brigante siciliano di Alexandre Dumas offre spunti per le città invisibili.
Azalen Tomaselli Simon Pietro De Domenico con le persone detenute.
Milano. Un violento acquazzone si rovescia sulla città. Nelle strade deserte solo qualche temerario fa lo slalom tra pozzanghere e spruzzi di veicoli in corsa. Bloccati dal diluvio, Azalen e Simone varcano il portone di San Vittore con un’ora abbondante di ritardo. 

Al sesto secondo, l’agente di turno (in tema con il bollettino metereologico) propone loro di svolgere l’incontro nell’acquario (il locale biblioteca così chiamato perché delimitato da pareti a vetri). Radunato il gruppo, si procede con la lettura della poesia composta da Giovanni. 

Questi, arrivato annunciando di avere dimenticato la poesia, estrae a un tratto un foglio con i suoi versi. Il testo senza un titolo mette in rapporto una giornata di pioggia con gli stati d’animo e con i pensieri di chi è costretto a vivere dietro le sbarre e si conclude con una preghiera elevata a Dio. L’autore, dopo averla letta, racconta di averla scritta in una giornata piovosa, guardando la finestra. Giuseppe, di solito silenzioso, dice che comunica tristezza e John fra il serio e il faceto soggiunge che rileva un talento, offrendo a Simone lo spunto per riprendere una sua frase (di John) colta per caso al termine del precedente incontro: “In carcere si deve diventare poeti anche se non lo si vuole”. 

Poi è lo stesso Giovanni a leggere il resoconto, In margine al quale Luigi racconta di avere cominciato a scrivere da piccolo e dopo essersi preso una pausa, di avere ripreso a farlo in carcere. 

Simone chiede allora: "Perché John non ha scritto la sua città invisibile?" (Vedi QUI) L’interpellato, chiamato in causa si giustifica con il fatto di essere rimasto senza aiutante e di non averne avuto tempo. Il suo aiutante, spiega, era stato trasferito dal sesto in un altro reparto, ma, per sua fortuna, era dovuto precipitosamente ritornare alla base, per sfuggire ai giustizieri della notte i quali avevano scoperto la sua famigerata provenienza. 

Il racconto di John apre una discussione sul reparto protetti “sesto secondo di merda dove stanno gli infami, quelli che picchiano le donne, gli omosessuali i trans, i poliziotti, e altre categorie disprezzate” secondo la vulgata, accettata dagli altri abitanti di San Vittore. 
Qualcuno solleva il problema del perché gli assassini e gli spacciatori siano ritenuti migliori, ma Simone incalza John: “Adesso che hai l’aiutante ci porti il tuo testo, basta che ci dai delle idee, poi lo scriviamo assieme. Lunedì veniamo apposta per la tua città”. 

Poi lo stesso Simone legge un brano tratto da un racconto di Alexandre Dumas, intitolato 
Il brigante siciliano (Pascal Bruno in francese): E’ stato scritto molto tempo prima delle città invisibili di Calvino, ma nelle prime pagine "c’è una digressione sui vari tipi di città, partendo dalla idea che il destino degli uomini sia condizionato dal luogo in cui nascono", precisa. 

giovedì 24 luglio 2014

Il carcere rende poeti

Incontro del 13 luglio 2014 Milano Casa circondariale San Vittore. 
Thoman Mann: per diventare poeti è necessario avere una qualche familiarità con le galere.
Azalen Tomaselli Simon Pietro De Domenico con le persone detenute.
Oggi il caldo arroventa le strade, è arrivata l'estate. Azalen, Simone e Leandro Gennari si ritrovano nel minuscolo parco antistante l'edificio di San Vittore e varcano il pesante portone. 

Al sesto secondo i partecipanti sono solo in tre, qualcuno ha rifiutato, qualcuno ha preferito andare all'aria. L'inizio è segnato dalla lettura del resoconto, poi Simone legge un pensiero di Giorgio, anzi un invito rivolto agli abitanti di Adikea affinché non si aggirino per la città senza giustizia, “grigi e dimessi come attori senza trucco, che non sono niente finché non hanno niente da rappresentare”. 

Con un salto pindarico, lo stesso Giorgio cita un personaggio, abitante il Tonio Kröeger, un facoltoso banchiere che possiede il dono di scrivere novelle e che tuttavia non è incensurato, infatti ha soggiornato in galera. La deduzione di Thomas Mann è che “forzando un po' la mano, per diventare poeti sia necessario avere una qualche familiarità con le galere”.

Un banchiere che compone novelle, sostiene Mann, è una rarità, ma, e qui sta il punto della questione, un banchiere non criminale, incensurato e solido che scriva novelle, lo è ancora di più, anzi non esiste! 

Le osservazioni di Giorgio, con la conclusione del valore terapeutico della scrittura, trovano d'accordo tutti gli astanti. 

giovedì 17 luglio 2014

Curare. Idee per una nuova sanità di Leandro Gennari

Incontro del 7 luglio 2014 Milano Casa circondariale San Vittore. 
Curare. Idee per una nuova sanità. Etica, politica, religione, ricerca: un saggio di Leandro Gennari.
Azalen Tomaselli, Leandro Gennari Simon Pietro De Domenico con le persone detenute.
Oggi le piogge recenti hanno spazzato via l’afa dei giorni passati. Azalen, Simone e Leandro Gennari, varcato il portone, s’ingolfano nei corridoi e salgono al sesto secondo dove il bibliotecario li accoglie e si affretta a chiamare i partecipanti. 

Riunito il gruppo, è Azalen a leggere il resoconto che ormai ritualmente dà il via all’incontro e a esprimere qualche sua annotazione sul libro appena andato in stampa Curare. Idee per una nuova sanità edizioni Mursia di Leandro Gennari (già presentato durante il precedente incontro. Vedi QUI).

Il saggio parla della Sanità nel nostro Paese che suscita da sempre discussioni che dividono e smuovono le coscienze perché coinvolge la salute dei cittadini, il dovere della ricerca, l'etica e il profitto economico. 

Leandro Gennari, luminare dell'oncologia, dopo quarant'anni passati in corsia mette la sua esperienza al servizio di un malato speciale: il Sistema Sanitario Nazionale. E lo fa con una riflessione a tutto campo che comincia dalla formazione del medico e attraversa il rapporto tra specialisti e tecnologia, l'organizzazione degli ospedali, il ruolo del medico di base, le commistioni tra politica e sanità, il delirio di onnipotenza della scienza. 

Il risultato è una riflessione sul futuro della medicina in senso lato che chiama in causa scelte strategiche, politiche, ma soprattutto etiche. Un pamphlet che senza voler dare un giudizio definitivo mette in fila e analizza con chiarezza e decisione i problemi della Sanità italiana e prova a indicare delle soluzioni nel rispetto, prima di tutto, delle persone malate.

Azalen chiede a Leandro di leggere una frase riportata nel libro: 
La capacità di agire dell’uomo è paragonabile a un braciere nel quale la brace è la forza vera e attiva che tuttavia rimane inespressa se è nascosta da uno spesso strato di cenere. Solo rimuovendo la cenere, la brace potrà esprimere la sua vera forza: il calore” 
detta dal cardinal Montini pochi giorni prima di morire. L’autore commenta: “Nel mio braciere c’era tanta brace, ma c’era la cenere che impediva al calore di espandersi, i miei superiori asportando questa cenere mi hanno messo nelle condizioni di fare strada”. Subito dopo sottolinea il dovere di riconoscere le qualità nei più giovani, bollando come frustrati quei capi che non tolgono la cenere e non permettono al calore della scienza di sprigionarsi, come dovrebbe. 

Simone chiede: “Di cosa parla questo libro?”, “Questo libro è una visione critica della medicina, il mio dovere principale è stato quello di cercare di non essere il medico che accusa tutti quelli che ostacolano la sua professione o che favorisce un particolare orientamento politico. Ho cercato di mantenermi equilibrato tra chi parla male dell’attuale medicina e chi la esalta. Poi con un rapido excursus parla dell’attività di ricerca costituita sia da coloro che guardano al microscopio un vetrino per studiare come si riproduce un batterio, dove la patologia colpisce e quali siano le possibilità per combattere questo male, sia da ricercatori che fanno scienza sperimentale operando un confronto tra i farmaci per scoprire quale sia il più efficace. Di fronte a una malattia mortale bisogna fare tutti i tentativi", conclude. 

lunedì 7 luglio 2014

I nomi delle città invisibili

Incontro del 30 giugno 2014 Milano Casa circondariale San Vittore. 
Le città di Ottavia e di Teodora.
Azalen Tomaselli, Leandro Gennari Simon Pietro De Domenico con le persone detenute.
Oggi caldo meno soffocante a Milano, dopo la pioggia che ieri ha lavato la città Azalen e Simone scorgono in lontananza il braccio levato di Leandro Gennari “in panchina”, il quale, avvicinandosi, mostra loro il suo libro fresco di stampa. 

Insieme varcano il portone e salgono al sesto secondo, dove sono informati dal bibliotecario della momentanea inagibilità dell’aula, occupata da un altro corso. Nell’attesa vengono radunati i partecipanti nel corridoio, dove un giovane detenuto saluta Azalen e, scusandosi per avere disertato il corso, le racconta le sue traversie giudiziarie. 

Trascorsi alcuni minuti si entra, ma per il sottofondo che giunge dall’esterno e per il rimbombo delle stesse voci, all’interno, si chiede di potere utilizzare la biblioteca, dove l’acustica è migliore. Autorizzata la richiesta, Azalen legge il testo composto da Renata, specificando che lo ha volto dalla prima alla terza persona per uniformarsi a un unico registro narrativo. 

Conclusa la lettura, accolta dalla approvazione generale, Simone inizia ufficialmente l’incontro mostrando il libro di Leandro Gennari Curare. Idee per una nuova sanità, edito da Mursia. Lo stesso Leandro legge al gruppo il primo breve capitolo per spiegare cosa l’abbia convinto a parlare della sanità senza preconcetti, dopo sessant’anni spesi in corsia e in sala operatoria. I partecipanti ascoltano interessati l’incipit di questo brillante saggio che mette in discussione lo strapotere della scienza nella nostra società ipertecnologica.
Il gruppo decide di dedicare il prossimo incontro alla presentazione del libro di Leandro, oggi si prosegue il lavoro su Le città invisibili

(Per i precedenti incontri vedi: 5 maggio, 12 maggio, 9 giugno, 16 giugno, 23 giugno)

Simone illustra il programma dell’incontro: la lettura di due città invisibili tratte dalla raccolta di Calvino, intercalata dalla lettura dei tre testi prodotti dai partecipanti. Simone raccomanda, per uniformarsi al modello, di usare la terza persona e di porre al centro, come protagonista, la città, con la sua rappresentazione planimetrica, per fare trasparire, spiega, attraverso la descrizione dello spazio fisico, alcune verità. 

Poi propone di assegnare a ogni città un nome di donna, come nell’originale testo di Calvino. E’ a questo punto che Renata esclama: “Il mio nome l’ho trovato, è Afrodite”. 
Giovanni in eco dice: “Io la chiamerò Penelope" e Luigi di seguito: “La mia Adikea il nome ce l’ha già, si chiama Vittoria”. 

giovedì 3 luglio 2014

Le prospettive delle città invisibili

Incontro del 23 giugno 2014 Milano Casa circondariale San Vittore. 
Le città di Cloe e di Valdrada.
Iginia Busisi Scaglia, Azalen Tomaselli, Leandro Gennari Simon Pietro De Domenico con le persone detenute.
L’estate è già qui, col suo caldo torrido, ma la città ha i soliti ritmi. Nelle strade riecheggia il rombo dei motori. Bisognerà attendere agosto per l’esodo vacanziero, quando il virus della desertificazione renderà i pochi rimasti simili a sopravvissuti a una guerra atomica

Azalen, Simone, Leandro Gennari e Iginia Busisi Scaglia varcano il portone di San Vittore. L’incontro prende il via dalla lettura consueta del resoconto. Iginia alla fine commenta che è dettagliato e i partecipanti approvano. 

Poi Simone legge al gruppo l’Adikea composta da Giorgio Cesati che ha come sottotesto analogico quella incompleta descritta a voce da Renata (nell’incontro precedente). E’ un sottile gioco di allusioni che come frecce congiungono pensieri e emozioni, mischiandoli. 

Subito dopo La stessa Renata legge il suo testo finito. La lettura prosegue con il testo di Carol che oggi ha preferito andare all’aria. 

Simone ribadisce il senso del progetto su Le città invisibili, valorizzando il concetto di città inclusiva che contenga prospettive diverse, partendo da un modulo letterario e usando la metafora, questa complessità è una ricchezza. Iginia aggiunge che può ricalcare la scrittura delle prose poetiche, o prose d’arte. E’ un invito a scrivere e non deve essere letto come una costrizione, sottolinea ancora Simone.