domenica 23 ottobre 2011

Storia di Joshua - seconda parte

PAROLE OLTRE - LA VOCE DEI DETENUTI

Storia della mia vita (seconda parte)
di Joshua

Sto scrivendo la seconda parte della mia storia. Oggi è il 22 Luglio 2011.
Sono da molti mesi in questa prigione. Dopo due mesi dal processo il mio avvocato è venuto a trovarmi, e mi ha chiesto se conoscevo qualcuno che potesse assumermi regolarmente in caso di arresti domiciliari. Ora però il mio avvocato è in vacanza, tornerà nella seconda metà di settembre. Prima di partire mi ha raccomandato di incontrare mio fratello, prima del suo ritorno. Ho scritto a mio fratello chiedendogli di venirmi a visitare per poter parlare faccia a faccia e per poter condividere con lui il mio dolore. Dopo che sono passati un mese e due settimane e mio fratello non si è presentato, mi sono domandato, perché sta succedendo questo? Forse lui non vuole più vedermi? 




Non riuscendo a mettermi in contatto con lui, ho capito che la via più veloce per poter parlare con lui era quella di incaricare qualcuno di telefonargli per avvertirlo che io desideravo vederlo. Ho trovato alcune persone che mi hanno assicurato che lo avrebbero chiamato. In seguito ho ricevuto una lettera da mio fratello che mi assicurava che sarebbe venuto, ma un agente mi ha detto che per il momento non era possibile autorizzarne la visita. Per poterci incontrare dovrebbe procurarsi un certificato familiare che attesti la nostra parentela. Ho cercato di replicare all'agente che mio fratello era già venuto altre volte e che non era stato necessario alcun certificato, l'agente mi ha risposto, che questo era stato possibile perché prima non era stata emessa alcuna sentenza a mio carico, ma che adesso tutto era cambiato. Così ho scritto a mio fratello informandolo delle nuove impreviste seccature. Ho preso contatto con il comune per fare richiesta di questo certificato, ma un funzionario mi ha risposto che non essendo io residente di quel Comune non possono inoltrarmi nessun documento. Dovrei recarmi personalmente al comune di residenza. Mio fratello ha provato a ritirare il certificato in mia vece ma non era possibile, dovevo essere io a ritirarlo personalmente. Io però non sono libero di potermi presentare a nessun comune. Mio fratello mi ha scritto, spiegandomi che non poteva far niente, io leggevo la sua lettera e dentro di me sentivo lo stomaco stringersi e sentivo dolore dentro di me.
Non mi devo arrendere. Non importa quello che può succedermi, devo continuare a credere in Dio, perché so che lui mi aiuterà. Il dolore dentro me cresceva, e se non riesce nemmeno a piangere per far fuoriuscire dal mio corpo parte di questo dolore, vivo ancora peggio. Prima di continuare con la mia storia, vorrei dire qualcosa su come far cambiare le persone. Non è chiudendo una persona dentro una prigione per cinque o dieci anni che possiamo cambiarla in meglio. L'unico risultato possibile è quello di strapparle via la sua felicità e la sua gioia. Poi cosa succede, una volta  uscito di galera? Nessun lavoro, nessuna moglie che laspetti. Magari prima avevi una famiglia, uno stipendio, ma dopo tutti questi anni puoi solo perdere tutto. Anche gli affetti ti possono rimpiazzare trovando consolazione con uomini liberi che possono prendersi cura di loro. Ecco che una persona finalmente esce dal carcere ma ha perso tutto, come può cambiare?
Ediverso  dare un consiglio ad una persona che ha avuto  un padre o una madre, o a una persona che non ha avuto nessuno. Quest'ultima prenderà il  consiglio come un dono.
Questo modo di cambiare un uomo tuttavia non porta a nulla, ricorda un lungo serpente che formando un cerchio addenta la sua coda. Voglio riprendere la mia storia, come ho già detto non importa cosa  possa accadere, puoi sempre contare su Dio. Ne sono certo perché Dio mi ha risposto. Ero nella mia cella che pregavo, una voce mi avvisò che avevo un colloquio, non le prestai ascolto,  ma dopo dieci minuti comparve un agente e aprì la porta. La mia famiglia era venuta a farmi visita. C'era mia sorella, io ero così felice. Quel giorno era il 13/08/2011. La prima cosa che le ho chiesto è stata: - Come sta il mio meraviglioso bambino? Bene, - rispose lei. Poi le ho chiesto di portarmi mio figlio quando sarebbe tornata la settimana successiva. Allorché qualcosa di grave interferisce con la nostra vita noi pensiamo che domani non c'è futuro. Alcuni quando accade loro qualcosa di negativo, si arrendono e pensano che nel futuro non c'è speranza. Qualsiasi cosa ci possa accadere, non possiamo arrenderci, perché la vita è l'unica cosa che realmente possediamo, e dobbiamo vivere nell'amore.
Sto scrivendo la fine della seconda parte della mia storia oggi, 17 agosto 2011.

* Il nome dell'autore detenuto è di fantasia. Il testo qui riportato non è una trascrizione fedele ma è frutto di una personale e approssimata rielaborazione del testo originale letto dall'autore durante i nostri incontri.

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