domenica 9 ottobre 2011

Il fumo dagli occhi

Incontro del 3 ottobre Milano Casa circondariale San Vittore
Il fumo dagli occhi e un racconto psicoanalitico
Giorgio Cesati Cassin con i detenuti
Oggi davanti a San Vittore il Libroforum è una task force. Azalen e Simone incontrano Giovanni che attende sulla panchina storica. L’autore chiama Azalen da pochi metri, è di spalle e si guarda intorno. Si attraversa il portone e all’interno c’è Luciana Invernizzi che si unisce al gruppo. Giorgio Cesati Cassin, medico e psicoanalista, è un signore alto e distinto, nessuno direbbe che ha gli ottantun anni che dichiara subito di avere. Ha un sorriso ironico e la battuta pronta che velano un fondo di tristezza composta. 




L’incontro entra subito nel vivo perché Giorgio Cesati parla della sua passione per la scrittura definendola come una pratica che libera dalle sofferenze e dagli orpelli. La sua scrittura è autobiografica e porta il marchio delle cose vissute come il suo raccontare fresco da cui zampillano i ricordi. Ricordi tragici, come quello del cielo di Milano nel ’43 simile a un tragico tramonto. La sua prosa scorre viva tra memorie personali, l’amicizia con Giuseppe Pontiggia e i riferimenti vivaci al suo libro Il fumo dagli occhi, in cui parla dell’illusione – accarezzata a lungo da bambino - di avere una famiglia perfetta o “intoccabile”. Illusione crollata sotto il peso delle peripezie capitategli negli anni della infanzie e della giovinezza. Poi racconta la trama di uno dei Racconti del caos che hanno segnato il suo esordio di scrittore. Un uomo in procinto di sposare una ricchissima ereditiera fa un innovativo test del DNA per scoprire quanto gli sarebbe rimasto da vivere, ma rimane falciato da un pirata della strada. L’umorismo di Giorgio Cesati tocca le corde di una disperazione pacata, trasformata in sorriso , in sguardo disincantato sulla commedia umana. Giuseppe gli chiede quali sofferenze abbia dovuto medicare scrivendo e Giorgio Cesati risponde con una gustosa storiella sul suo algido analista che si era rifiutato di stringergli la mano e che lo aveva lasciato solo a attendere, prima di riceverlo, in una saletta all’ottavo piano. Parla delle sue fantasie di vendetta e della riconoscenza provata, però, a seguito della interpretazione - fattagli dallo stesso analista - dell’ angoscia che lo afferrava ogni qualvolta leggeva un passo della Storia di Italia di Montanelli. Il passo in cui si narra dei tentativi fatti dal principe Umberto per dissuadere il padre (il re) dall’abbandonare la capitale, dopo il fatidico 8 settembre. Poi Giorgio Cesati, su invito di Azalen, legge due capitoli de Il fumo dagli occhi. Luciana elogia l’uso ricco degli aggettivi. Gli interventi sono pochi ma tutti i partecipanti sono attenti. Simone domanda a Giorgio Cesati quanto sia importante per lui parlare della sua vita e Giorgio ribadisce il potere terapeutico della scrittura. Si leggono due poesie di Cortez e una di Giacomo sull’aceto balsamico che riscuotono approvazione e applausi. Il clima è cordiale. Azalen legge il resoconto dello scorso incontro, l’impressione è favorevole. Roman prendendo spunto dal tema affrontato la settimana scorsa per raccontare delle feste religiose in Serbia, molto sentite. Luciana interviene sull’argomento confessando di essere agnostica ma di provare un forte desiderio di credere. Racconta di aver provato a rivolgersi a Dio in un momento di crisi esistenziale, ma di aver poi deciso di andare avanti da sola. Simone osserva che si può cambiare e Giorgio Cesati tesse l’elogio della disidentità considerandola un scialuppa di salvataggio nel mare della vita. La conversazione si va animando ma il tempo è terminato come viene ricordato perentoriamente dall’agente di turno e, tra saluti e strette di mano, si scioglie la compagnia.

* I nomi dei detenuti sono di fantasia

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