mercoledì 9 gennaio 2013

Nascita e felicità

Durante l'incontro del 17 dicembre 2012 sulla felicità, Giorgio Cesati Cassin ha raccontato la storia del dottor Rossi (e della sua paternità iperbolica) per dare una prova di come la felicità possa giungere in modo inatteso. La felicità può essere figlia del dolore?

Nascita e felicità
di Giorgio Cesati Cassin

Metà Maggio 1961. Telefono all’ostetrico ginecologo di mia moglie.
“Buon giorno professore, sono il dottor Rossi, la disturbo?”
“Buon giorno caro collega, per nulla, come sta la signora?”
“Lei bene, sono io che sto male, sono molto preoccupato”.
“Preoccupato?”
“Sì, per mia moglie. Non ha notato, professore, le dimensioni della pancia? Assomiglia sempre di più a uno Zeppelin, e manca ancora un mese alla nascita”.
“Non si preoccupi, è solo un po’ di polidramnios”.
“Ah, è solo quello?”
“Certamente, l’ho visitata da poco. La signora gode ottima salute, non deve preoccuparsi”.
“La ringrazio, professore, posso stare tranquillo?”
“Tranquillissimo”.





Attacco. Va beh che non sono un ginecologo, però qualcosa dell’esame di ostetricia ginecologia ricordo ancora. Ricupero il mio vecchio testo, vado al capitolo del polidramnios e leggo: aumento del liquido amniotico, delle acque insomma, molto raramente legato a patologie neuromuscolari, che comportano ridotta deglutizione da parte del feto affetto. Poi sobbalzo: anche l’anencefalia, leggo, può esserne la causa…eh già, se non c’è la testa, il feto non deglutisce. Mio Dio! Ne sarà sicuro il professore? Come faccio a chiederglielo, senza offenderlo? Ritelefono.

“Buon giorno professore, mi scusi, sono sempre io, voglio chiederle una cosa: non si potrebbe fare una radiografia a questo dirigibile, così, tanto per stare più tranquilli?”
“Non ci pensi neppure, i raggi danneggerebbero il nascituro”.
“Certo, non si può…”.
“Assolutamente no!”

Corro da mia moglie, la trovo che si unge il pancione con un olio antismagliature, mi
guarda serafica; dove vive, povera donna, in quale limbo si trova?

“Clara, ho pensato una cosa; ti porto in ospedale dal mio amico radiologo, facciamo una lastra”
“Perché vuoi che io faccia una lastra?”
“Sono preoccupato per le tue dimensioni, vivo in ansia, voglio sapere…”
“L’hai chiesto al professore?”
“Un momento fa”.
“Che ti ha detto?”
“Che non si può, che è pericoloso per il bambino…”
“E allora? Sei impazzito?”
“Voglio il parere del radiologo, è molto esperto oltre che padre di numerosa prole. Sentiamo anche un’altra campana”

Riesco se non a convincerla, a seguirmi all’ospedale dove lavoro. Discuto a lungo con il collega Bianchi, alla fine, con riluttanza, mi risponde:

“Senti Rossi, sarebbe meglio non farlo; però, se usiamo una dose leggera, a raggi molli, e scattiamo una sola lastra, non dovremmo correre rischi. Si vedrà poco, tuttavia qualcosa ci dirà, e soprattutto l’urgenza la vedo non nelle dimensioni di tua moglie ma in quelle della tua ansia. Sei pallido come un morto. Siediti lì e aspetta”.

Non so quanto tempo sia trascorso da quando Carla è sparita con Bianchi nella sala raggi. Sto male, sempre più infelice; non vorrei trovarmi lì; e se la lastra mi confermasse un figlio senza la testa? Esce Antonio, il tecnico. Ha una lastra in mano. Si avvicina con un sorriso in cui intravedo il veicolo d’elezione per ogni ambiguità. Avrei preferito un sogghigno, chi può confutare un sogghigno? Pone la mano sinistra sulla mia spalla, rabbrividisco; con l’altra infila la lastra nel negatoscopio alle mie spalle, l’accende.

“Guardi dottore, sono tre!”

Scatto in piedi, cerco di capire ciò che non vedo, o meglio quel grigio informe con delle zone bianche, un cumulonembo prima della grandine.

“Tre?” balbetto.
“Sembra dottore, la terza testa non si vede, forse è questa” spiega indicando una zona più chiara, un po’ rotondeggiante, più in basso, sotto due teste meglio evidenti. Ecco, lo sapevo, l’anencefalia responsabile del polidramnios, è lì, sotto i miei occhi. Escono il dottor Bianchi e Clara, sorridono. La mia angoscia è alle stelle, scorgo in quel sorriso un filo alla trama brevissima dell’esistenza.

“Tranquillo Rossi, hai visto? Sono due gemelli, interi, perfetti. Quella macchia chiara lì è la vescica!”

La felicità sta a volte nella verità. Abbraccio Bianchi e mia moglie; con quel gesto stabilisco l’unico rapporto possibile, in quel momento, fra coscienza e felicità: la gratitudine.

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