lunedì 14 gennaio 2013

L'Otello recitato in una cella di San Vittore

Incontro del 7 gennaio 2013 Milano Casa circondariale San Vittore. 
Otello tra Amore e Tradimento.
Deborah Morese, Carlo Bisognosi, Azalen Tomaselli, Giorgio Cesati Cassin e Simon Pietro De Domenico con i detenuti.
Oggi una velatura di grigio ricopre Milano che appare come una stampa scolorita di un vedutista dell’Ottocento. il brulicare del traffico è però quello dei monotoni giorni feriali, essendo ormai svanita l’atmosfera briosa delle feste. Azalen e Simone incontrano la graziosissima Deborah Morese al bar di via degli Olivetani poi si uniscono a Giorgio Cesati Cassin e a Carlo Bisognosi. Quando la task force sale al sesto, è tutto predisposto per l’incontro che si avvia con la lettura rituale del resoconto. E’ lo stesso Simone, in seguito, a presentare Deborah, (attrice teatrale e autrice televisiva) e Carlo (attore). Il tema che farà da fil rouge,“il tradimento”, è declinato nella sua accezione più classica di infedeltà in amore, anche per il riferimento all’Otello di Shakespeare, il veicolo tematico dell'incontro. Il sottotesto è che l’amore, anche il più puro è insidiato dai malevoli e dagli invidiosi. Invitato a parlare, Carlo tratteggia il personaggio principale del dramma shakespeariano. Otello è l’esempio dell’autoinganno fatale. Gabbato da Iago (per istigazione di Roderigo, innamorato respinto), che gli instilla dei dubbi sulla fedeltà della sua sposa e infine accecato dalla gelosia, uccide la moglie innocente per poi uccidere se stesso, quando si avvede dell’errore commesso. 


Shakespeare mostra quanto sia debole la mente umana e come possa vacillare fino a scatenare gesti folli e insensati. Il personaggio offre, infatti, uno dei ritratti più intensi e umanamente riusciti del grande drammaturgo inglese, “un testo perfetto perché imperfetto” commenta Carlo. Il moro di Venezia incarna, infatti, mirabilmente il codice di valori declinati sull’onore e sulla verità di una società gerarchica e militare. Iago, in contrapposizione a Otello, impersona nella tragedia il genio del male, l’astuto manipolatore, intestatario di una calunnia messa a segno, grazie anche all’uso sapiente della parola che non descrive le cose ma le fa essere. Per Simone Otello rappresenta un mondo magico e arcaico, mentre Iago è il mondo moderno relativista e indifferente. 

Incaricato da Roderigo, Iago insinua in Otello, il generale di valore, nato schiavo e vissuto nei campi di battaglia, il dubbio sulla onestà di Desdemona. E’ abilissimo nel cogliere il nervo scoperto del moro il quale, inesperto negli affari di cuore, intimamente insicuro dell’amore di Desdemona cade nell’inganno ordito dalle sue parole ambigue. Simone osserva che Otello non è insicuro, ma anzi si nutre di valori assoluti e immodificabili, non può smascherare Iago perché per lui “gli uomini sono come sembrano”, poi spiega che attraverso il moro e il sofista Iago, Shakespeare mette in scena "l’antitesi tra l’esistenza di una verità senza dubbi (Otello) e l’esistenza del dubbio senza verità (impersonata proprio da Iago, l’antagonista di Otello). Da questa dicotomia, da questo incontro-scontro di due mondi così agli antipodi, nasce la tragedia". 

Bomber mette in evidenza il tema razziale del barbaro non integrato e afferma “Otello è come Michael Jackson”. Carlo descrive poi Iago, mosso dall’odio verso il bello, spettatore della vita che detesta il suo rivale perché a differenza di lui agisce, lotta e nutre forti passioni. La passione, conferma Giorgio Cesati è cosmologica, Otello cade preda della passione. Il dibattito si anima, per alcuni Otello uccide per gelosia, per Carlo uccide per l’onore, in una società gerarchica in cui il generale non può essere coperto di ridicolo, uccide per salvare la rispettabilità, valore ignoto a Iago che gli chiede: "Che cos’è l’onore?" Azalen individua nell’ira il vero motore della vicenda orchestrata dalla astuzia diabolica di Iago. Simone fa notare quanto l'uxoricidio sia vissuto con pena da Otello che uccide premeditatamente, non perché lo voglia, ma perché la sua posizione glielo impone. Alla fine tutti convengono che la gelosia gioca un ruolo secondario nella concatenazione degli eventi, anche se Otello nell’immaginario collettivo è il geloso per antonomasia. 

La recita di alcune scene in cui Carlo interpreta sia Iago sia Otello dà prova delle sue brillanti doti attoriali. Deborah, rimasta silenziosa, nel presentare il personaggio di Desdemona, accenna al suo lavoro faticoso per entrare nel ruolo di una donna “così stupida perché non si ribella, subisce. Poi ho capito che la cosa che mi faceva soffrire era la possibilità di soccombere, non a un uomo, ma all’amore”. Carlo nota che l’amore di Desdemona è così alto da raggiungere la sublimazione. “Non riuscivo a trovare punti di contatto”, continua Deborah, citando il momento culminante del dramma in cui la donna morente, a Emilia (la moglie di Iago) che le chiede: “Chi vi ha ridotto così?”, risponde: “Nessuno”. Desdemona è una donna fedele fino al parossismo, in fin di vita non vuole macchiare l’onore di Otello. 

Carlo replica che secondo lui l’attore non cerca convergenze con il personaggio, anzi il lavoro dell’attore è "il lavoro di una farfalla che riesce a saltellare tra le emozioni per trovare una chiave che deve essere la più distante possibile da sé, ma funzionale al personaggio". Gli fa eco Giorgio che invidiando il mestiere dell’attore, tesse l’elogio della disidentità baluardo della salute mentale, “il disidentico nel suo stato proteiforme sa riconoscersi in tutti i personaggi che albergano in lui”. Carlo approva scherzosamente: “Siamo delle cooperative!”. Poi si passa a osservare come sia cambiata la recitazione teatrale, non più declamatoria come un tempo, ma tesa a dare una versione vera delle cose perché l’emozione possa riconoscersi in tutta la risonanza empatica. 

Recita e bugia interessano l’uditorio sulla falsariga della battuta di Giorgio che racconta di venire ammonito a volte con la frase: "Smettila di recitare!" Tra i più virtuosi della professione o dell’arte di recitare si annoverano attori e carcerati. Bomber, cambiando argomento, ricorda l’esilarante parodia dell’Otello dei Legnanesi, citando la battuta “Sei ore di recitazione per una che perde il fazzoletto!”. 

Quando Azalen chiede ai partecipanti di esprimere le loro impressioni, un nuovo frequentante racconta di essere finito in carcere per una storia d’amore infelice, distrutta dalla gelosia. Poi soggiunge: "non voglio patteggiare perché voglio guardare la mia compagna negli occhi e vedere se conferma le accuse contro di me". Queste parole suscitano approvazione e qualcuno conferma sarcasticamente che l’importante è criminalizzare senza cercare la verità.. "Quando arriva la storia giusta, ci sono molti Iago a ostacolarla".

Simone a questo punto chiede ai partecipanti se a loro piacerebbe una donna succube e disposta al sacrificio come Desdemona. Interessante a questo riguardo il contributo di Deborah: "Desdemona subisce i sospetti, le ingiurie, le calunnie oltraggiose fino alla violenza estrema perché ama". L’amore è la cifra di Desdemona, simbolo della dedizione e della innocenza. Oggi molte donne maltrattate dal loro uomo mantengono la relazione nella speranza che cambi. Poi Deborah precisa che dall’esterno è impossibile cogliere la dinamica dei sentimenti. Per Animabella è una costellazione di fattori, come la presenza dei figli, a spiegare la persistenza di situazioni di maltrattamento. Iena sostiene che occorre coraggio a prendere coscienza di se stessi. 

Iena dice: "L’amore può essere distruttivo, quando si è in balia della passione, si perdono i punti di riferimento e si può essere portati al bene e al male". Giorgio azzarda: "C’è anche l’amore per la crudeltà". Carlo cogliendo il paradosso cita Giorgio Gaber: "L’amore è una parola strana, potremmo definirlo la cosa". Un partecipante obietta: "Non esiste l’amore per la crudeltà". Iena precisa "Non va compreso, va vissuto". Il binomio amore fiducia porta a alcune riflessioni. 

Giocadinuovo legge una sua composizione dal titolo Che cos'è?, e poi ammette: "Siamo qua perché non ci siamo fidati degli altri, questo periodo di riflessione ci fa capire quanto sia importante potersi fidare", ma Animabella replica: "Io sono qua perché mi sono fidato di tutti". Ignoranza, tradimento, inganno si intrecciano nei discorsi, Deborah dopo aver recitato la scena in cui Desdemona si confida con il suo aguzzino (Iago), cita sul finire le parole di un Iago che ormai smascherato e sconfitto, così conclude “Io adesso non parlo più, perché la verità una volta detta non esiste più”. Parole che denunciano il divorzio definitivo tra il piano del discorso e quello della realtà, in un mondo dove le cose non sono come sembrano. A conclusione dell'incontro Giocadinuovo legge la lettera di Lozio che commuove tutti i partecipanti.

* I nomi dei detenuti sono di fantasia

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