lunedì 7 gennaio 2013

La domanda di Pilato: Quid est Veritas

Incontro del 31 dicembre 2012 Milano Casa circondariale San Vittore. 
Che cos'è la verità? Il concetto di verità nella filosofia e nel diritto passando per Kafka.
Azalen Tomaselli e Simon Pietro De Domenico con i detenuti.
Un sole splendente saluta la città in questo ultimo giorno di San Silvestro. Azalen e Simone, saliti al sesto, trovano un insolito fermento. Quattro detenuti attorno a una enorme gabbia circolare, posata sul pavimento, guardano un uccellino appena morto . E’ curioso osservare gli sguardi mesti e le attenzioni dedicate al suo corpicino inerte, estratto poi con cura e portato via, mentre nell’altra gabbia, il compagno saltella da un trespolo all’altro. Entrando nella stanzetta si parla a ruota libera, dato che il gruppo si è ridotto e alcuni partecipanti sono ancora nel corridoio da dove arriva una acceso vociare. Durante l’attesa, Iena mostra una filastrocca di un libro, intitolato Così pregava l’ebreo Gesù di Robert Aron, dal quale Branduardi ha tratto ispirazione per Alla fiera dell'est e legge, tra la curiosità dei presenti le strofe coincidenti con la canzone. L’approssimarsi della fine dell’anno suggerisce alcune battute amare. E’ sempre Iena che dice di avere preparato la sangria del carcerato, con il Gatorade e qualche fetta di pera rimediata.. Un altro partecipante racconta che in altri istituti di pena il quartino di vino è incluso nei pasti, sia a mezzogiorno sia la sera. Bomber parla invece del suo tiramisù preparato a regola d’arte. Dopo la lettura del resoconto è lo stesso Iena a far notare l’omissione del suo racconto riguardo al momento della nascita del figlio. Simone propone di parlare della verità e di leggere alcuni testi, spiega, però, che la parola può assumere vari significati. Infatti per i Greci che la denominavano alétheia, verità significava non nascondimento; mentre per i Latini presso i quali il termine in uso era veritas la medesima parola designava il conoscere la realtà delle cose. Per gli ebrei, infine, che adoperavano il termine emet, verità coincide con la fermezza, la stabilità, la fedeltà alla verità di Dio. E’ difficile prendere posizione e propendere per l’uno o per l’altro dei significati. Iena, su invito di Simone, legge il passo del Vangelo di Giovanni in cui si racconta del confronto cruciale tra Gesù e Pilato. 



Il procuratore della Giudea è riluttante a emettere la condanna richiesta dai connazionali di Gesù e dalle autorità religiose perché non riscontra nel prigioniero alcuna colpa. Nella esegesi di Ratzinger tratta da Gesù di Nazaret. Dall’ingresso a Gerusalemme fino alla risurrezione a commento del brano evangelico, si mette in evidenza il concetto di regalità e di potere che Gesù oppone all’autorità romana, non più regalità e potere fondati sulla forza delle armi, ma impostati sulla verità. Di fronte alle parole sconcertanti del giudeo, Pilato rimane interdetto e chiede: "Che cos’è la verità?" Domanda che non riceverà risposta. Per il pragmatico Pilato una simile domanda è impraticabile, ma anche per noi nella dottrina del diritto come nella politica la verità sembra affare da ingenui. Ma se la verità non conta nulla e è pura chimera, quale giustizia sarà possibile? E se la politica esclude la verità come categoria per organizzarsi, su che cosa si fonderà? Una politica avulsa dalla verità si potrà avvalere solo del potere. 

Simone chiede ai partecipanti di esprimere la loro opinione suggerendo però la conclusione che Ratzinger trae dalla lettura di Giovanni. Il regno che Gesù annuncia si fonda sulla testimonianza alla verità, senza verità il mondo rimane in ostaggio ai più forti. 

Animabella osserva che in un luogo come il carcere non si può mostrare un eccessivo fervore religioso, perché si rischia di essere presi per matti e esaltati. Iena pone una questione importante ricordando don Alberto, il cappellano, che lo ha aiutato in un momento di profonda crisi, e è stato recentemente arrestato per violenza sessuale e concussione e si interroga: "i suoi errori umani possono inficiare le parole che mi hanno tirato fuori dal baratro? Hanno arrestato l’uomo, ma quello che mi ha detto è valido?" Qualche partecipante pone la questione del perdono e della validità del sacramento della penitenza, rilevando come soltanto i cattolici ricorrano a un intermediario (il sacerdote) per liberarsi dalle colpe. Si parla dei comportamenti del clero che non è immune da debolezze e da vizi. Qualcuno osserva che questa interpretazione del sacramento della confessione è restrittiva e preclude un confronto diretto con Dio, occorre affidarsi a Lui. 

Poi il discorso scivola sulla condizione carceraria e qualche detenuto parla con tristezza del pranzo di Natale con il pesce che sembrava "pescato nell’Olona o nel Lambro", le coste di cui è stato servito solo il gambo e un quarto di prosecco maschio, “per far sentire la morsa della galera”. Un vitto e un mantenimento per il quale ogni detenuto paga allo Stato 56 euro al mese. 

Simone riporta l’attenzione sull’argomento della verità, ricordando le tre accezioni. Iena sostiene che c’è una differenza sostanziale tra Dio e l’uomo, Gesù diceva la verità perché era la verità. Tra i presenti prevale lo scetticismo, qualcuno nota che se uno dice la verità, la prima reazione è coglierlo in fallo, capire la verità giusta è molto difficile, osserva un altro. Per un partecipante la verità è un atto di fede, se uno mi ha dimostrato che quello che dice è vero per quale motivo non devo credergli? 

Giocadinuovo osserva che in tribunale si giura sulla Bibbia poi dà la sua definizione di verità: "è vita, morte, dopo vita". Azalen conferma è indubitabile che la vita esiste, questa è una verità. Simone cita il cogito ergo sum di Cartesio, penso dunque sono. Iena polemizza, poi interviene Animabella che sostiene laconicamente: "la verità è una bugia". E chiarisce questa frase ermetica: "quando si dice la verità non si è creduti e si è istigati a mentire". A riprova racconta un episodio del furto di un portafoglio accaduto a lui quando era ancora bambino. Questo, in breve il racconto. Il padre gli aveva affidato un portafoglio con cinquecento lire, ma lui salito sul pullman e acquistato il biglietto, sbadatamente lascia il portafoglio e scende dal mezzo. Quando si accorge di non avere più il portafoglio rincorre il pullman, e tre fermate dopo lo raggiunge, ma senza risultato perché il portafoglio è sparito. Va piangendo a raccontarlo al padre ma questi non gli crede e lo punisce, in più gli ripete: "Li hai spesi e hai buttato il portafoglio!" Un altro detenuto gli fa eco: "Io sono stato arrestato quando ho detto la verità." Per Il signor K., la verità è non nascondere, non celare. Dopo un’osservazione di Bomber che rileva che nel film La Passione di Cristo, la parola usata è veritas, si apre una discussione sulle ragioni storiche della condanna di Gesù. 

Azalen sostiene che Pilato consegna Gesù perché non vuole essere sospettato di tradimento nei confronti di Roma, qualcuno a proposito nota che Kaifa stabilisce di sopprimere Gesù per scongiurare una vendetta romana, in caso di disordini militari o di rivolte popolari. Simone precisa che Pilato aveva accertato l’innocenza di Gesù ma non aveva voluto alienarsi le autorità del tempio, prosciogliendolo. In realtà salva Barabba che era un pericoloso sobillatore e aveva ucciso un soldato romano e condanna Gesù di cui aveva accertato l’innocenza. Animabella commenta che se a quel tempo ci fossero stati gli OPG, Gesù sarebbe stato mandato in un ospedale psichiatrico. Poi racconta che quando si affida a Dio gli capitano tante cose brutte, e poi riflette che per quanto si impegni, non conclude, non arriva mai alla meta.. "sarà una prova..non so..". 

Simone fa notare quanto nella società moderna il relativismo e lo scetticismo abbiano in realtà mortificato i valori assoluti. "Oggi forse," ragiona "la verità non esiste più." Ma poi ci tiene a sottolineare quanto nel mondo antico fosse ben altra la considerazione riservata al concetto di verità. Poi per provocare i presenti domanda: "Ognuno di noi qui ha proposto una verità differente, ma può esistere una verità che non sia valida per tutti?

Subito dopo Simone, per concludere la sua riflessione, accenna al significato della verità nella filosofia del diritto traendo spunto da un testo di Vincenzo Garofoli, intitolato: Il concetto di verità tra diritto e processo. Nel testo si afferma che, in ambito giudiziario, alla verità si arriva tramite il processo penale; la verità non è pertanto una verità assoluta, fattuale, materiale, ma una verità formale, debole, relativa perché umana. Infatti dice testualmente l’autore: "un processo penale vive nel ragionevole dubbio che l’approdo finale sia ineluttabilmente fallace". Il processo non fa emergere quindi una verità storica, ma una verità processuale, frutto del confronto serrato tra la versione dei fatti proposta dall’accusa e dalla difesa. Le osservazioni che seguono riguardano il fatto che in sede di tribunale la verità dipende dalla forza persuasiva cioè dalla abilità delle due parti nel presentare al giudice una versione dei fatti favorevole o contraria all’imputato. Alla fine dell’incontro Simone legge un brano tratto da Il processo di Kafka, in cui il signor K. che una mattina viene improvvisamente arrestato senza apparente ragione cerca inutilmente di conoscere il suo capo di accusa. Uno dei partecipanti che dopo la lettura sceglie il nome fittizio signor K., racconta che a lui è capitata una cosa simile perché non riuscivano a comunicargli il motivo per cui era in arresto e se lo palleggiavano tra Roma, Brescia e San Vittore. Prima del temine dell’incontro Giocadinuovo legge una sua composizione che riceve l’approvazione dei presenti.

Da Il Processo di Franz Kafka

(...) «Non sono d'accordo con questa opinione», disse K. scuotendo il capo, «perché se la si condivide, si deve prendere per vero tutto quello che dice il guardiano. Che questo però non sia possibile, sei stato tu stesso a motivarlo ampiamente»«No», disse il sacerdote, «non si deve prendere tutto per vero, si deve prenderlo solo per necessario»«E' un opinione ben triste», disse K. «La menzogna viene elevata a ordine del mondo».

* I nomi dei detenuti sono di fantasia

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