lunedì 24 dicembre 2012

Lettera sulla felicità di Epicuro letta in carcere

Incontro del 17 dicembre 2012 Milano Casa circondariale San Vittore. 
L'ossimoro del parlare di ricerca della felicità in Carcere.
Giorgio Cesati Cassin, Azalen Tomaselli e Simon Pietro De Domenico con i detenuti e un liberante.
Oggi un freddo polare avviluppa la città. In via degli Olivetani Azalen e Simone scorgono da lontano Giorgio Cesati Cassin che li attende (hanno un ritardo.. non proprio accademico!). Varcato il portone, dopo il rituale intoppo in "matricola", per l’autorizzazione che non si trovava, passano vittoriosamente i controlli e salgono al sesto. La stanzetta fredda, forse per l’ampia vetrata che guarda il cortile, è subito attrezzata dal solerte bibliotecario. Fuori dalla finestra lo spoglio cortile trapezoidale, delimitato da alte pareti di cemento armato, offre lo spettacolo quotidiano dell'aria: i detenuti sciamano in piccoli gruppetti di tre o quattro, procedendo tutti circolarmente nella stessa direzione e alla stessa velocità di marcia. Dopo alcuni minuti, i partecipanti arrivano, alla spicciolata, come  sempre. Entra Bomber che fa il gesto di nascondersi perché non è liberante come ci aveva anticipato, lo segue Lozio che, con tono canzonatorio gli ricorda di averlo messo sull’avviso, raccomandandogli di non spifferare di essere liberante senza possederne la certezza; i due improvvisano un piccolo teatrino, nell’ilarità generale (vedi il precedente incontro). Simone esordisce ricordando la battaglia di Marco Pannella determinato a non abbandonare lo sciopero della fame e della sete (intrapreso da sei giorni) per attirare l’attenzione dei rappresentanti del governo sul disumano sistema carcerario del nostro paese. Tutti i partecipanti applaudono e ringraziano Pannella per la sua vicinanza. Poi Simone propone a Lozio di leggere il resoconto dell’ultimo incontro e prende nota di alcune correzioni, suggerite da Iena per chiarire alcuni passaggi del testo. Terminata la lettura, entra Speedy Gonzales scusandosi e chiedendo di potere leggere a sua volta il resoconto. Simone, proposto il tema della ricerca della felicità, legge la famosa lettera di Epicuro rivolta a Meneceo.

Non si è mai troppo giovani o troppo vecchi per la ricerca della felicità”, 



è il celebre attacco del filosofo, per il quale è dovere etico di tutti gli uomini ricercare la felicità, a qualsiasi età e in qualsiasi condizione, allontanando tutte le paure e le vane preoccupazioni che la offuscano o la distruggono. Tale è la paura ingiustificata della morte, "perché quando la temiamo non c’è ancora", sostiene Epicuro, "e quando c’è, non ci siamo noi e quindi non dovremmo né temerla, né soffrirla". La coscienza che la morte non significa nulla rende poi godibile la mortalità e svela quanto sia ingannevole il desiderio di essere immortali. Gli dei esistono ma se ne stanno per conto loro e non abbiamo nulla da temere da essi. E’ dunque il piacere principio e fine della vita felice, talvolta però è necessario tralasciare alcuni piaceri da cui può provenirci più male che bene. Allo stesso modo ogni dolore è male, ma non tutti i dolori sono da sfuggire. Per l’uomo che voglia essere felice è essenziale valutare costi e guadagni, e rendersi soprattutto indipendente dai bisogni, non perché debba accontentarsi di poco, ma perché sappia accontentarsi di questo poco quando il molto gli è negato e sappia rimanere indifferente agli sgambetti della sorte. La saggezza è la ricetta per avere la felicità, per mettersi al riparo dai falsi condizionamenti che sono per l’anima causa di immensa sofferenza. Perché non c’è vita saggia, bella e giusta che non sia anche felice e i mali, se affliggono duramente, affliggono per poco e, se affliggono a lungo, vuol dire che si possono sopportare, così tutti i beni necessari sono procacciabili e l’abbondanza si gode con più dolcezza se meno dipendiamo da essa. Chi comprende e mette in pratica queste cose vive felice, impara a combattere e diminuire il dolore, l’inflessibilità del fato e l’instabilità della fortuna e diventa nocchiero di se stesso. Pur essendo un uomo vive come un dio tra gli uomini e pur essendo mortale gode di beni immortali. 

Al termine delle due pagine, Giorgio, che già durante la lettura aveva manifestato una certa  insofferenza, accusa Epicuro di essere, come tutti i filosofi, dedito alle "seghe mentali", "mi ha ucciso con una miscellanea di concetti sulla felicità che mi hanno reso infelice", "mi sento infelice", ribadisce desolato. Lozio mitiga, "sono cognizioni giuste, ma è un potpourri". Giorgio incalza, "Mi ricordo quando il sacerdote ci obbligava durante la messa lunga a ascoltare una predica interminabile, mio padre usciva con la scusa di fumare e io che ero ragazzo ero costretto a rimanere". Poi continua "Epicuro cerca di convincere se stesso di ciò che dice, ma rende infelici gli altri con le sue elucubrazioni, la felicità non è traducibile in parole, è un sentire". Qualche partecipante azzarda con un ombra di ironia: "Noi non siamo persone colte che possono capire". Iena interviene lapidario: "Primo, vorrei sapere quanti anni gli hanno dato e poi chi è il fornitore". Lozio smorza osservando che il testo va contestualizzato. 

Simone risponde che sono critiche troppo feroci e in qualche modo compiaciute, poi soggiunge riguardo alla condanna della filosofia, come esercizio inutile, "io personalmente non ho capacità astrattive, ma i pensieri dei filosofi hanno condizionato fortemente la cultura e il mondo in cui viviamo. Voi sembrate urtati dal tono predicatorio del testo, piuttosto che dal suo contenuto. Quanto all’aspetto religioso, l’idea del divino è connaturata nel vivente" infine rispondendo all'intervento di Lozio commenta: "Questo testo è universale, non è questione di contestualizzazione, Epicuro ha raggiunto la sua massima fama durante l'illuminismo". Iena replica: "Questi concetti sono tutti contestabili, non si applicano a noi. La felicità è tutt’altro". Simone ancora osserva : "la filosofia non è un dogma, ma non può essere svilita con il pretesto di bollarla come sega mentale, non c’è solo la natura emotiva, l’uomo è portato a interrogarsi su temi universali. Non è facile trovare risposte ma se non cercasse di capire, tutto si ridurrebbe alla grettezza materiale" poi aggiunge "non cerco di proporvi una verità rivelata, si può naturalmente essere in disaccordo con Epicuro, ma il desiderio dissacrante rende miopi e incapaci di scorgere anche importanti spunti di riflessione, non prendere in considerazione la filosofia bollandola come onanismo intellettuale e innanzitutto un torto che facciamo a noi stessi, perché ci precludiamo possibilità di comprensione. Sostenere il primato della sfera emozionale o al contrario della sfera razionale è allo stesso modo limitante, occorre il giusto equilibrio anche nella lettura di un testo senza dare troppe concessioni al gusto della dissacrazione". Giorgio risponde: "Per me la felicità è sentirsi, valutare le proprie emozioni, non ho mai amato la filosofia perché ha creato nella storia grandi conflitti, ogni filosofo contraddice quello che l’ha preceduto e nei conflitti si crea infelicità". Per Simone, il problema della filosofia è la verità, il cercarla può avvenire attraverso lo scontro, il confronto. "Crea divisione, conflitti", ribadisce Giorgio, "Turba gli animi, come adesso". "Io non mi sento infelice nel discutere, il conflitto è parte necessaria della vita" ribatte Simone.

Lozio osserva: "La felicità non è quello che uno trova nella vita, io la trovo dentro di me." Azalen invita ciascun partecipante a definire la felicità. Iena replica che è talmente individuale da rendere impossibile definizioni astratte. 

Giocadinuovo, interpellato, afferma "Felicità è stare bene con il proprio io", Speedy Gonzales la riassume così: "E' lavoro e amore e vedere che chi è accanto è felice". Per Giorgio è avere delle emozioni, per Animabella è essere sereno vicino a persone che non hanno invidia e che sappiano amarti per quello che sei, per un altro partecipante la felicità esiste grazie a te nelle persone che ti circondano e che ti vogliono bene. Iena sostiene: "Felicità è una ricerca continua di stare bene, nel momento in cui la raggiungo, guardo oltre", poi soggiunge in tono provocatorio: "Sono felice perché stamattina la guardia è passata alle 6:15, anziché alle 6:00, oppure sono felice perché questa settimana è venuto mio figlio, felicità è sperare che lui non mi freghi lo zampirone" e accenna scherzosamente al compagno di cella seduto accanto a lui. Lozio conferma: "La felicità non ha un’indicazione stereotipa, ognuno la declina a proprio modo in base alle circostanze", Giocadinuovo dice: "Vorrei aggiungere che Felicità è anche che gli altri stiano bene con me", Bomber pensieroso afferma "E' l’emozione di ritrovarla quando pensavi di non provarla più; la felicità è andare a prendere un gelato in via Marghera (?) con la propria ragazza" Speedy guardandolo beffardo gli dice: "Pensi di uscire con una ragazza ma non ce l'hai, ritorni come prima", accennando alle false aspettative. Simone, rimasto in ascolto definisce con queste parole la felicità: "amare e essere amati", e Azalen soggiunge: "per me è potere avere sempre desideri, perché il desiderio è il motore di tutto". 

Iena replica che la felicità inaspettata è più travolgente di quella attesa, poi parla delle sue piccole felicità come fare la doccia e non trovare la fila, oppure il vetro era rotto e ha trovato il cartone al posto del vetro. Per Lozio felicità è vivere la nostra vita e stare in pace con noi stessi. Iena parla del rischio dell’abbrutimento dentro il carcere e di quanto in un luogo del genere la felicità sia difficile da trovare. 

Speedy Gonzales confida: "Domani ho il processo e sarei felice se mi mandassero a casa". Iena insiste: "La felicità si sposta sempre più in là, la ricerca è continua, non esiste un punto di arrivo", Giocadinuovo dissente: "Un momento che ti rende felice per tutta la vita è fare un figlio, è una cosa immensa". Iena ammette "Viene il momento in cui devi farti piccolo, quando lui ha venticinque anni". Giocadinuovo "Per me l'apice della felicità è stato quello". "Non ti fermi lì", risponde Iena, "è qualcosa che avviene momento per momento". Simone concorda "è puntiforme, bisogna distinguere tra felicità e beatitudine che è uno stato di perenne felicità". Animabella esclama "che noia!" Bomber aggiunge "felicità è la vicinanza di una donna". 

I partecipanti invitano Animabella a cantare Emozioni di Battisti e si uniscono in coro. Sembra un autentico momento di felicità, alcuni partecipanti rimasti silenziosi per tutto l'incontro e evidentemente tristi si fanno coinvolgere dall'euforia del canto e dalle note della chitarra. 

Infine Simone chiede a chi sappia il romanesco di leggere una breve poesia di Trilussa, intitolata Felicità. A conclusione, Giorgio legge La lettera, tratta dal volume I racconti del caos, editi da La vita felice. E’ la storia di una lettera che un generale invia a un suo ex allievo ufficiale dopo moltissimi anni. La gioia di rispolverare ricordi lontani e soprattutto la benevolenza del superiore verso il giovane, affiorano permettendo a due vite di toccarsi scambiandosi un momento di imprevedibile felicità, ma il colpo di scena finale introduce un elemento spiazzante. Simone lascia ai partecipanti il discorso sulla felicità di Émilie du ChâteletI saluti concludono l’incontro.

« C'è un'ape che se posa
su un bottone di rosa:
lo succhia e se ne va…
Tutto sommato, la felicità
è una piccola cosa. »
(Trilussa, Felicità)

* I nomi dei detenuti sono di fantasia

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