lunedì 21 gennaio 2013

Cara Jo di Rosa Gargiulo

Incontro del 14 gennaio 2013 Milano Casa circondariale San Vittore. 
Rosa Gargiulo presenta Cara Jo a San Vittore.
Rosa Gargiulo, Azalen Tomaselli, Giorgio Cesati Cassin e Simon Pietro De Domenico con i detenuti.
Una morsa di aria fredda stringe Milano. Azalen e Simone con Rosa Gargiulo si recano in via degli Olivetani. Qui con Giorgio Cesati Cassin varcano il portone di San Vittore. Superati i primi tre cancelli mentre percorre il lungo corridoio, Rosa, guardando gli acquarelli alle pareti commenta “Sembra una scuola, almeno una delle nostre del Sud, dismesse e cadenti”. Saliti al sesto, prendono posto nella cella, dove, trascorso qualche minuto, arrivano sorridenti e cordiali i partecipanti. Dopo aver presentato Rosa Gargiulo, Simone esordisce con un breve preambolo sui resoconti “lunghi e soporiferi” ma che sono scritti con l’obiettivo di conservare lo storico degli incontri. Iena nota la mancanza di un “guizzo” che li renda più piacevoli. Giocadinuovo osserva che fanno da tramite con l’esterno e comunicano a chi è fuori “Che siamo ancora vivi, abbiamo ancora una voce”. La reclusione isola infatti il detenuto dai suoi affetti, dai legami profondi, spogliandolo del diritto inalienabile di esprimere un pensiero e una volontà autonomi, deprivandolo di una quota di dignità. 

Poi la parola va a Rosa, che si racconta in prima persona con parole semplici e toccanti. Negli occhi scuri ha la luce della sua riviera sorrentina, lo sguardo è diretto, modulato da un’insolita dolcezza. Lavora in un centro per pazienti oncologici dove ascolta storie di paura e di speranza per rendere più umana e più accettabile la sofferenza. C’è un anello con il carcere, dice. Iena conferma: “Siamo pazienti che attendono di essere curati"


Poi Rosa estrae i “libri piccolini che si leggono in un’ora”, e li distribuisce con un sorriso. Sulla copertina campeggia una figura di donna intenta a scrivere, particolare di un dipinto di J. Vermeer . E’ una chiave per entrare nel dispositivo narrativo del suo libro, una sorta di compendio dell’anima . L’autrice dialoga con una amica immaginaria per confessarsi, riflettere e mettere ordine nei pensieri, nei sentimenti e nelle emozioni che si agitano e convivono nel suo cuore. Cara Jo è infatti una raccolta di lettere scritte dall’autrice nel corso degli anni a Josephine, la ragazza forte istintiva e generosa del romanzo di Louise Alcott. Con la terribile Jo Rosa condivide l’amore per la lettura e il desiderio di diventare una scrittrice, ma soprattutto i valori: famiglia, amicizia, solidarietà..“Perché oggi le persone hanno bisogno di parlare di valori e questo è un momento di parole e di condivisione, in un posto che mi è sembrato una scuola”, afferma. Animabella che ha preso a suonare discretamente la chitarra osserva: “L’apparenza inganna, è tutto fuorché una scuola!” 

Giorgio legge uno dei brani del libro: “Crescendo… fuori dalle chiese”. “Sono stanca di vedere la gente pregare, le mani giunte e le dita che scivolano su rosari consumati..il mio Dio è rimasto fuori le chiese, i nuovi sepolcri in cui gli uomini lo hanno rinchiuso” dice il testo. 

L’uditorio è attento, c’è un palpabile silenzio perché sono parole che incidono e graffiano. Azalen trova delle concordanze con Il racconto di Natale di Buzzati (Letto a conclusione dell'incontro del 10 dicembre). A questo proposito Rosa racconta di un’esperienza alla Caritas e del suo bisogno di uscire dalle chiese, dalla comodità per andare per le strade a aiutare persino "chi crede di non avere bisogno". Simone chiede se qualche episodio l’abbia portata a un cambiamento così radicale. Rosa parla di indifferenza, di egoismi, di insensibilità, di porte chiuse (riferisce l’episodio di un uomo arrivato in stato confusionale dalla Calabria al quale era stato negato aiuto dalla sua comunità. L'uomo è stato soccorso da persone atee, non dai caritatevoli cattolici). “Occorre decolorare la solidarietà”, dice Rosa, “ho scelto un’altra via perché ho pensato: forse non sono nel posto giusto”. Giocadinuovo le risponde: “Non hai visto l’umanità che ci deve essere”. 

Il dibattito s’infervora quando Iena contesta a Rosa di non averli denunciati a se stessi (i falsi cattolici). Simone approva il cambiamento di rotta, necessario quando non si vedono altre vie d’uscita. Il dibattito si divide tra chi vede nella chiesa una realtà ormai arida e istituzionale e chi la riconosce come fondamentale per il sostegno ai deboli. Qualche altro partecipante ricorda il caso di cronaca di un parroco ucciso perché aveva aperto le porte a dei malviventi e il caso dell’arcivescovo zambiano Milingo, dimesso dallo stato clericale nel 2009. Rosa risponde “Sono stata in quel contesto per vent’anni”. Iena osserva “Tu per venti un altro trentatré”. Giorgio dice: “Non è facile seguire l’impulso, c’è la paura”. Sia gli atei sia i credenti possono fare del bene, ma secondo Azalen il credente agisce per fede, entra in una sfera che non è solo umana, ma trascende l’umanità. "Dio è dentro di noi" afferma Giocadinuovo riecheggiando una celebre frase di Sant’Agostino (In interiore hominis habitat Veritas). 

Giorgio ha il tocco magico per alleggerire il dibattito con un suo ricordo personale, l’acquisto di un camper e la gita solitaria col fedele Asdrubale (il cane) al Monte Stella dove s’imbatte in una piccola zingara cenciosa. Alla fine della storia Iena commenta: "Ti è andata bene" e mima Giorgio che corre trafelato dietro il camper rubato dalla madre della zingarella. Chiusa la parentesi, il discorso vola nuovamente al tema della coerenza e del coraggio di amare. 

Poi - su suggerimento di Azalen - Iena legge un altro brano di Cara Jo: “l’Infanzia per sempre”, una lettera indirizzata a Pinocchio, l’inseparabile amico di carta di molti bambini. Il burattino ribelle rappresenta “l’incontenibile bisogno di libertà: di sbagliare, di scegliere la via che il cuore ti indica, di fidarti degli altri e restarne deluso, di capire – finalmente – chi sei e cosa vuoi”. Pinocchio insegna agli uomini di oggi la libertà che è anche verità: “perché la vita non si insegna, ma i sogni possono realizzarsi”. Il burattino con le sue peripezie, le sue bugie, i suoi ripetuti errori e con il suo lieto fine è emblema di una storia simbolica di crescita e di trasformazione, di umanità che si riscatta da sé. 

Su richiesta di un partecipante, Giorgio legge un capitolo di “Il fumo dagli occhi”. Il racconto del furto di una gallina ad opera di una banda di ragazzini. Il testo gli fa riaffiorare il ricordo della lezione violenta impartitagli dal padre, per avere rubato delle caramelle a sei anni. Era stato portato di peso a restituire la refurtiva alla padrona del bar. Giocadinuovo nota mestamente che "ci sono errori che poi ti ritornano indietro quando sei nel baratro..” Verso la fine i discorsi si intrecciano senza un preciso ordine ruotando attorno alla sproporzione delle punizioni che lasciano un segno indelebile. Al termine Rosa Gargiulo legge le ultime righe della lettera intitolata Vivendo contenuta in Cara Jo:


«Non che la vita non mi piaccia: sono soddisfatta della mia storia personale, ogni giorno cerco motivi sempre nuovi per amare, credere, lottare, impegnarmi e condividere questa avventura con i miei compagni di viaggio: sconosciuti ma uniti a me dal sogno che qualcuno, altrove, ha sognato per noi, rendendoci protagonisti di un film di cui, a volte si può anche perdere qualche battuta, senza però smarrirne mai il senso.»

* I nomi dei detenuti sono di fantasia

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