lunedì 31 dicembre 2012

Sessantotto passi e mezzo

Incontro del 24 dicembre 2012 Milano Casa circondariale San Vittore. 
Il passare del tempo e l'invisibile dramma murato nel corpo di ciascuno.
Giorgio Cesati Cassin, Azalen Tomaselli e Simon Pietro De Domenico con i detenuti.
L’aria è uggiosa e invernale e un freddo tagliente ha investito la città. Azalen e Simone sono puntuali e assieme a Giorgio Cesati Cassin varcano senza intoppi le “forche caudine”, ma non prima di avere ricevuto la ramanzina dell’addetto ai controlli per le tasche tintinnanti che “rubano tempo”. All’arrivo li attende la notizia che Lozio è andato via e che Speedy Gonzales ha ottenuto i domiciliari; un velo di malinconia per non averli potuti salutare coglie Azalen, mischiato alla gioia di apprendere che per loro una triste avventura si è conclusa. Simone legge il resoconto che contiene un riferimento al modo di camminare dei detenuti in cortile all’aria. Si scusa per questo breve inserto documentaristico, ma spiega di essere rimasto colpito e di avere deciso di registrarlo. Iena e un altro partecipante rispondono che sono sessantotto passi e mezzo per l’intero giro, soggiungendo che la medesima scena si svolge alla stessa ora e nello stesso modo in tutte le carceri d’Italia. Il richiamo alla battaglia civile di Marco Pannella dà luogo a un breve dibattito sulla mancata adesione dei detenuti del sesto allo sciopero del carrello, effettuato in tutti gli altri reparti. "E’ mancata un’occasione per unirsi e lanciare un segnale, viene confermata la pessima immagine del sesto , per una cultura carceraria che è dura a morire e che contraddistingue alcune strutture", sostiene Iena, ma alcuni partecipanti replicano che per i detenuti che vivono di carrello lo sciopero della fame è più duro. 



Iena insiste sull’opportunità perduta di mostrare la solidarietà a Pannella che rischia la vita per i carcerati, ma Simone sostiene che il destinatario di Pannella sono i politici e le istituzioni, e che lo sciopero è rivolto a ottenere dei decreti che allineino l’Italia agli altri paesi europei per quanto riguarda le condizioni detentive. La sua battaglia è pragmatica e ha obiettivi definiti e ha già conseguito qualche risultato. La lettura del resoconto si conclude, punteggiata da qualche battutina ironica sulla lettera di Epicuro, ripresa per sommi capi. Iena racconta della felicità di Lozio, all’annuncio che era liberante e di Speedy Gonzales per la possibilità di scontare la pena a casa. Mancherà il suo refrain: Non ci sono amici..non ci sono amici, è il commento scherzoso (Non ci sono amici è la canzone che Speedy Gonzales intonava al termine degli incontri). Qualcuno rimarca la natura bivalente della felicità: "sei felice per una altro ma infelice per te, perché per uno che va, c’è uno che resta". Ma la felicità è anche l’approdo di una crescita interiore, è il momento di crescere in un altro modo, e è un processo che non si ferma mai, non c’è un momento in cui si possa dire: Basta sono cresciuto abbastanza, pertanto il segreto è l’umiltà. Alcuni partecipanti parlano del blog e Iena si lamenta perché la sua storiella sul contadino (riportata nel precedente resoconto) è un po’ licenziosa e teme che dia un ritratto falsato di chi l’ha raccontata. Per bilanciare l’effetto racconta un’altra storiella, scherzosamente, dell’identico tenore. 

Simone chiede a Giorgio di leggere il racconto di Natale di Paul Auster, tratto da Esperimento di verità, edito da Einaudi. Il racconto è incentrato sui rapporti nati tra un tabaccaio Auggie Wren e uno scrittore, Paul, al quale il New York Times ha commissionato un racconto sul Natale. Un’insolita amicizia nasce tra i due e si consolida nel tempo. infatti, riconosciuto nel suo cliente uno scrittore famoso, Auggie lo invita un giorno nel retro del negozio per mostrargli la sua curiosa collezione di fotografie, costituita da migliaia di scatti effettuati nello stesso luogo per dodici anni consecutivi. All’inizio sconcertato e annoiato per la insopportabile monotonia delle immagini che si replicano all’infinito, lo scrittore, fa alla fine una scoperta strabiliante. A saper guardare niente si ripete, dalle angolazioni della luce al mutare delle stagioni, dal flusso del traffico alla quantità di passanti nei giorni feriali e nei festivi, dal portamento all’umore delle persone che fa trasparire “l’invisibile dramma murato nel corpo” di ciascuno. Soddisfatto dell’interesse suscitato, Auggie, all’amico che gli ha confidato la sua difficoltà a comporre un racconto di Natale che non sia la solita melassa infarcita di buoni sentimenti, racconta una storia capitatagli dodici anni addietro che lo aveva visto protagonista, storia che costituisce la materia del racconto . Una mattina di Natale, il tabaccaio, ricordandosi di avere ancora con sé il portafoglio di un ragazzo che aveva sorpreso a rubare nel suo negozio ( il ladro lo aveva smarrito durante l’inseguimento) decide di andarlo a trovare per restituirglielo. Giunto nel quartiere popolare e malfamato non trova però il legittimo proprietario del portafoglio, ma una vecchia cieca che volutamente lo scambia per il nipote. Auggie sta al gioco e dopo aver trascorso con la donna l’intera giornata di festa, scopre in bagno il bottino di una rapina: sei o sette macchine fotografiche nuove di zecca. Pur non avendo mai rubato né scattato delle foto, ne prende una e sgattaiola via, senza svegliare nonna Ethel (questo è il nome della vecchietta) assopita sulla poltrona per il pasto e il vino abbondanti. Pentito del furto commesso, Auggie, tornato alcuni mesi dopo per restituire la refurtiva, non trova più la donna, forse morta, ma un nuovo inquilino. Finita la storia, Paul si congratula con l’amico per il bel gesto, ma Auggie gli replica che ha mentito e ha derubato una vecchietta inerme e non vede come questo possa essere una buona azione. Paul ribadisce che l’amico ha reso felice la vecchia e alla fine paga il pranzo in segno di riconoscimento per il racconto, sulla cui autenticità nutre però forti dubbi. La “morale” che ne trae è la seguente: nessuna storia è falsa finché una sola persona ci crede. 

Giocadinuovo esclama: “Bella storia!” e Iena sottolinea l’intuizione creativa del tempo che passa, resa con la metafora dei fotogrammi che sembrano ripetersi con monotonia, ma nella realtà cambiano continuamente; un altro partecipante rimasto assorto per tutto il tempo della lettura, commenta: "Ero da un’altra parte perché mi sono fatto un film mentale, io ho abitato a Brooklyn e ho rivissuto certe sensazioni: le tabaccherie, l’odore del legno e dei sigari, ho ritrovato i posti che frequentavo". Simone nota che ci sono alcune analogie tra il gioco di bugia e verità che lega la nonna e Auggie e il gioco di finzione e realtà del racconto su Kafka: La bambola e la bambina. Giorgio Cesati dice: "la sorpresa, la felicità sono sensazioni e emozioni, si può provare felicità in un immenso dolore". Iena afferma: “La felicità te la inventi” e Giorgio e Simone fanno l’esempio dell’attore che entra nel ruolo e vive vite fittizie e immaginarie. A conferma della natura contraddittoria della felicità, Giorgio legge La vecchia, tratto dalla raccolta I racconti del caos, edizioni La vita felice. E’ la storia di un uomo che si avvicina al capezzale della madre morente e miracolosamente ritrova l’amore che le circostanze della vita avevano appannato. In poche pagine intense si condensa la vicenda di un rapporto difficile , in cui basta un nonnulla per tramutare un dolore incommensurabile in una grande felicità. Le parole del figlio alle quali la madre risponde nel suo linguaggio muto e misterioso riconciliano due persone proprio nel momento del distacco. I saluti concludono l’incontro accompagnato dalle note della chitarra suonata da Animabella.

* I nomi dei detenuti sono di fantasia

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