mercoledì 25 giugno 2014

Le prime città invisibili prendono forma a San Vittore

Incontro del 9 giugno 2014 Milano Casa circondariale San Vittore. 
Le città Invisibili di Jerry, Renata e Azalen.
Azalen Tomaselli, Giorgio Cesati Cassin, Leandro Gennari Simon Pietro De Domenico con le persone detenute.
Oggi prime avvisaglie di un caldo torrido che incendia la citta. Azalen si ritrova con Leandro Gennari e assieme salgono al sesto secondo, dove Giorgio intrattiene i partecipanti nella breve attesa che il gruppo si riunisca. 

Si procede, come di consuetudine con la lettura del resoconto, affidata allo stesso Giorgio. Qualche chiarimento tra le parole aiuta a capire ciò che si fa al Libroforum, ed è lo stesso Giorgio a intercalare la lettura con qualche commento per i nuovi partecipanti.

Luigi mostra un libro composto con inventiva: due piatti di plastica uniti che racchiudono dei fogli circolari dove ha trascritto le sue poesie. Sulla copertina spiccano due cuori, uno per lato. 


Simone, entrato con ritardo, rilancia l’iniziativa di comporre dei testi ispirati alla raccolta di Italo Calvino dal titolo Le città invisibili. L’obiettivo è di esprimere, ricorrendo alla metafora, il senso e l’esperienza della realtà carceraria. Quest'opera è ormai il tema conduttore di questa stagione estiva del Libroforum (Vedi Incontri: 12 maggio, 5 maggio). 

Simone legge il testo di Jerry che riceve il plauso di Giorgio e dei presenti. Poi chiede in che cosa il testo possa adombrare il carcere. Jerry precisa che il suo scritto era molto più lungo e che è stato condensato. Azalen spiega che le città invisibili non devono superare la lunghezza di una pagina e che gli elementi essenziali sono stati mantenuti. 

Per Simone è difficile riscontrare nella descrizione idilliaca della cittadella, qualche elemento che riconduca a San Vittore. Alla replica che il titolo della raccolta potrebbe orientare l’ipotetico lettore, risponde che il testo dovrebbe parlare da sé, senza avere bisogno di un contesto che ne espliciti la decifrazione. 

La discussione si anima perché Giorgio riconosce nella città invisibile di Jerry tutti gli elementi e fa leva sulla sua autonoma capacità di leggere e di interpretare senza dovere fare affidamento ad altro. Insomma ciascuno interpreta a suo modo - sembra sostenere - e ogni giudizio è soggettivo e non può appoggiarsi su categorie astratte o su interpretazioni altrui. 

E’ un’annosa questione che riguarda l’ermeneutica, il metodo filosofico di interpretazione e di comprensione dei testi, che coinvolge la stessa concezione dell’uomo come essere che interroga continuamente se stesso e la realtà in un modo aperto e orientato verso il futuro. 

Il suo aspetto fondamentale è la tendenza del pensiero a trovare dei significati e a fondare il rapporto sempre più stretto tra interpretazione e verità. 

Dopo la diatriba accesa, ma in fondo scherzosa, che cerca di trovare un punto di raccordo tra Simone che vuole indirizzare la composizione dei testi con dei suggerimenti e con alcuni vincoli che riguardino la struttura semantica e le argomentazioni di Giorgio che dissente in quanto riconosce nel testo di Jerry una congruente rappresentazione figurata del carcere, Renata interviene per presentare la sua Città invisibile. 

Racconta di avere avuto un malore e di essere stata condotta in infermeria, mostra dei foglietti, spiegando di non essere riuscita a ultimare il suo lavoro. Azalen invita Renata a leggere il suo scritto. Il testo è bello e riscuote l’approvazione, anche se mette a fuoco in prevalenza gli aspetti positivi dell’esperienza di detenzione. 

I detenuti sono le rose e le spine, ma l’elemento più interessante del testo è quello che parla di regole che impediscono di aspirare e di godere del dolce profumo dei fiori… del delizioso giardino. Renata promette di completare il testo e di portarlo al prossimo incontro.

Infine si legge l’ultima Adikea, la città invisibile, scritta da Azalen. Al termine della lettura Luigi esprime il suo interesse per l’elemento della sottomissione che soffoca gli abitanti della città, apparentemente perfetta dove tutte le attività sono sincronizzate senza sperperi di tempo. 

Per un nuovo partecipante è la descrizione delle paure a identificare un aspetto della vita carceraria. 

Infine Azalen invita Leandro a leggere qualche sua lirica. L’atmosfera si alleggerisce, poi la parola passa all’altro poeta, Luigi che legge una sua composizione salutata da applausi. 

Il tempo è trascorso velocemente tra vivaci discussioni e ascolto di parole poetiche, di piccoli testi descrittivi. I saluti e le strette di mano suggellano, come sempre la conclusione dell’incontro con l’invito sincero di ritrovarsi.

* I nomi dei detenuti sono di fantasia

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