giovedì 24 luglio 2014

Il carcere rende poeti

Incontro del 13 luglio 2014 Milano Casa circondariale San Vittore. 
Thoman Mann: per diventare poeti è necessario avere una qualche familiarità con le galere.
Azalen Tomaselli Simon Pietro De Domenico con le persone detenute.
Oggi il caldo arroventa le strade, è arrivata l'estate. Azalen, Simone e Leandro Gennari si ritrovano nel minuscolo parco antistante l'edificio di San Vittore e varcano il pesante portone. 

Al sesto secondo i partecipanti sono solo in tre, qualcuno ha rifiutato, qualcuno ha preferito andare all'aria. L'inizio è segnato dalla lettura del resoconto, poi Simone legge un pensiero di Giorgio, anzi un invito rivolto agli abitanti di Adikea affinché non si aggirino per la città senza giustizia, “grigi e dimessi come attori senza trucco, che non sono niente finché non hanno niente da rappresentare”. 

Con un salto pindarico, lo stesso Giorgio cita un personaggio, abitante il Tonio Kröeger, un facoltoso banchiere che possiede il dono di scrivere novelle e che tuttavia non è incensurato, infatti ha soggiornato in galera. La deduzione di Thomas Mann è che “forzando un po' la mano, per diventare poeti sia necessario avere una qualche familiarità con le galere”.

Un banchiere che compone novelle, sostiene Mann, è una rarità, ma, e qui sta il punto della questione, un banchiere non criminale, incensurato e solido che scriva novelle, lo è ancora di più, anzi non esiste! 

Le osservazioni di Giorgio, con la conclusione del valore terapeutico della scrittura, trovano d'accordo tutti gli astanti. 
Gli scrittori non hanno avuto esperienze come le hanno gli abitanti di questa struttura, osserva Leandro Gennari, istituendo un nesso tra esperienza di vita e creazione artistica. 

Giovanni afferma che per lui, il carcere ha significato la possibilità di acquisire una mentalità più aperta rispetto alle persone che sono recluse: “prima pensavo che fossero tutti criminali e che bisognasse buttare la chiave, poi ho scoperto che chi ti è amico qua dentro non lo è per un secondo fine” afferma. 

Leandro Gennari insiste sulla necessità di essere veritieri con se stessi, chi è qui, aggiunge, o ha commesso qualcosa di punibile, o è stato accusato, però non si può mentire a se stessi, chi vive queste cose avrebbe la possibilità di essere un vero critico, essere sincero. 

Luigi che ha ascoltato la discussione e che ha portato con sé il suo “libro” di poesie, costruito artigianalmente con due piatti di plastica che trattengono i fogli all'interno, conferma le osservazioni di Mann. “Fuori ero sempre in giro, in viaggio, mai avuto tempo per scrivere, per dipingere; qua dentro ho trovato questa pace, con tutte le turbolenze che ci sono”. 

La maggior parte di persone famose hanno sperimentato il carcere, aggiunge poi, citando i nomi di Lula, di Mandela. Ma Leandro lo corregge sostenendo che i detenuti politici, sono imprigionati non per una colpa, ma perché sono contrari alla parte che detiene il potere. I detenuti comuni sono condannati perché hanno fatto delle scelte criticabili. Luigi cita anche Cesare Pavese tra i detenuti comuni, dice ha subito una prigione personale, è stato castrato nei sentimenti.

Siamo soltanto in cinque, l'argomento della scrittura in carcere tiene banco per poco, i partecipanti hanno bisogno di sfogarsi, di parlare della loro esperienza. L'incontro del Libroforum, con le sue regole e le sue convenzioni, si sospende spontaneamente e si parla a ruota libera.

Comincia Luigi, rivelando di essere stato tradito da persone che si manifestavano amiche. "Non ammetterò mai di essere colpevole", conclude. 

L'argomento giustizia provoca lo sfogo di John, che racconta di essere stato incarcerato: “E' una vergogna, mi sento preso di mira, non so di cosa sono accusato.” Poi precisa: “Adesso sto bene e ho fiducia, me lo sento che esco.”. 

A Azalen che gli chiede se abbia lasciato affetti fuori, risponde che ha perso la fidanzata, ma che non gli importa "perché di donne ce ne sono tante”. Quali sono le migliori, dal momento che ha avuto relazioni con donne di vari paesi, gli chiedono. "Le peggiori sono le rumene", risponde prontamente, "sono false e poco affidabili, le migliori le ucraine". Alla domanda se vuole rimanere in Italia, dice: “No, andrò in Svizzera o in Inghilterra”. 

L'incontro si conclude tra i saluti e un arrivederci da parte di Leandro Gennari a settembre, dopo la pausa estiva e da parte di Azalen e Simone al prossimo lunedì. Mentre Azalen e Simone lasciano il settore e i partecipanti rientrano nelle celle John, canzonatorio, dice ridendo, rivolgendosi a Luigi: "In carcere si diventa poeti; anche se non lo si vuole, poeti per forza!".

* I nomi dei detenuti sono di fantasia

Nessun commento:

Posta un commento