lunedì 18 marzo 2013

Quando la passione ti rende schiavo

Incontro del 11 marzo 2013 Milano Casa circondariale San Vittore. 
Divagazioni oniriche per scongiurare una passione totalizzante.
Azalen Tomaselli, Giorgio Cesati Cassin e Simon Pietro De Domenico con i detenuti.
Il cielo è di colore opalino. Qua e là fiocchi sparsi di nuvole. Azalen e Simone superano il portone. Azalen saluta una vecchia conoscenza del Libroforum in articolo 21. Si arriva al sesto, dove Giorgio, in piedi è intento a leggere le sue Divagazioni oniriche, racconto semiserio che tratta di un viaggio nell’aldilà, una metafora scherzosa della visita a un amico di Giorgio avvenuta nel corso della settimana. Salvatore, un angelo custode racconta a Serafino, il protagonista, un sogno ricorrente: si trova nell’aldiqua a godere di piaceri praticati più dagli umani che dagli angeli, per poi svegliarsi stanco e madido di sudore. Sul finale, dopo una sosta in una trattoria dal nome godereccio e una visita nella casa dell’angelo, un delirio di libri che si affollano su piani e pareti, Serafino svela l’occulto significato onirico: è la passione per i libri ad averlo distratto da tutti gli altri interessi della vita fino a renderlo prigioniero di se stesso. 




I commenti sono favorevoli e Zero osserva: "E’ bello quando dici che nell’aldilà si sogna di stare di qua e viceversa". Azalen propone una sua interpretazione maliziosa della spossatezza dell’angelo Salvatore (questo il nome dell’alato messaggero): "è il suo protetto Serafino a assorbire tutte le sue forze con le sue curiose intemperanze.." Giorgio soprappensiero esclama: "Quando sono nell’aldilà sogno di stare di qua (in carcere), la sofferenza non ha nome e cognome è per tutti terribile". Poi svela il senso recondito del sogno: "l’angelo custode si è creato nel suo aldiqua una fatica di studio, di lavoro che gli ha fatto dimenticare le gioie dell’aldilà, si è creata la sua prigione mentale, nella quale vive apparentemente insensibile a quanto ruota attorno a lui". 

Poi esorta a coltivare più passioni. Questa bulimia di sapere, questa passione univoca, traspare nei libri che l’angelo (leggi l'amico) scrive, dei “mattoni” che incutono timore, zeppi di chiose e di note in più lingue, un caleidoscopio di scienza che ti esplode sotto gli occhi. Simone collega la passione epistemica dell’angelo con l’incipit del Faust il quale, dopo avere accumulato tutto lo scibile, dichiara (parafrasandolo): "E’ tutto inutile, questo studio non sa di niente". Proprio l’insoddisfazione per la scienza spinge lo scienziato a stringere il patto con Mefistofele per ottenere ciò che non ha conosciuto e raggiungerlo in seguito, cogliendo l’attimo. "Augenblick, verweile doch: du bist so schön!".

Giorgio ribadisce: "tutto si riconduce alla lotta tra la categoria e l’acategoria, tra il razionale e l’irrazionale" e 
specifica: "il rigore se somministrato in maniera impropria diventa peggio della pena di morte". Racconta il modo brusco con il quale suo padre gli proibiva di leggere prima di addormentarsi, smorzando la luce, una specie di violenza gratuita che può lasciare solchi profondi nella psiche. “Si può reagire con una malattia o con il delinquere” Il furto delle ciliegie e la conseguente punizione irrogata dal padre di un suo collega, capitano dei carabinieri, al figlio è l’altro aneddoto che Giorgio inanella nel suo sforzo di bollare la violenza anche verbale, soprattutto se usata verso un bambino. 

Il ricordo di Simone va all’episodio raccontato da Animabella a proposito del portafoglio perduto e della reazione di suo padre che, non credendogli, gli aveva impartito una sonora lezione (Vedi incontro del 7 gennaio 2013). "E’ meglio dire la bugia che dire la verità, ma io non sono capace", osserva lo stesso Animabella. Zero chiede come si pensa di insegnare al figlio. "Con la persuasione e gradualmente" è la risposta di Giorgio.
Azalen propone di leggere un brano tratto da Lettera al mio giudice di Simenon, in cui un imputato scrive una lettera al suo giudice istruttore (l’unico che abbia mostrato un barlume di umanità) per svelargli le vere motivazioni del suo gesto. Nel brano iniziale il colpevole parla del rito e della spettacolarizzazione della giustizia, denunciando la curiosità superficiale dei vari attori del processo e la crudeltà che marchia anche i gesti apparentemente più innocui e banali.

Alla fine dell’incontro Iena legge una poesia Pioggerella di marzo e Zero chiede che sia letta una sua prosa poetica. Il brano letto prima da Giorgio e poi da Azalen parla della pace e della possibilità di essere miti e premurosi verso gli altri, anche nel contesto detentivo. "Che cosa vuoi dire?" gli chiede Azalen. Zero risponde che bisogna frenare la rabbia perché prima o poi si deve ritornare nella civiltà. Simone ha uno scambio piuttosto polemico. "La rabbia esiste in ognuno di noi, se mai bisogna saperla orientare", sostiene.

Ma Zero persiste nella sua convinzione: "Non dobbiamo essere disubbidienti, non dobbiamo cadere nella 
recidiva". Mentre Animabella canticchia un brano accompagnandosi con la chitarra, l’agente entra, per far concludere l’incontro e rimbrotta Giorgio che si trattiene a parlare con Antonio.

* I nomi dei detenuti sono di fantasia

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