lunedì 14 novembre 2011

L'angelo triste di Massimo Fossati

Incontro del 7 novembre Milano Casa circondariale San Vittore
L'angelo triste, la storia di una vita "non vissuta"
Massimo FossatiLaura Fanucci e Natascia Pane presentano il libro L'angelo triste edito da Sovera Edizioni
Oggi si ritrovano al "bar del crimine" Simone, Azalen , Natascia Pane e Laura Fanucci di Contrappunto e Massimo Fossati. Il clima è cordiale, davanti a una minestra di porri Simone parla del blog e della sua intenzione di fare capire fuori che il carcere non è una realtà separata, o da rimuovere dalla coscienza collettiva, ma una realtà dialogante e collegata alla società civile. Fuori c’è Giovanni e si entra insieme. L’incontro inizia con la lettura del resoconto che apre subito un dibattito sulle responsabilità di ognuno e sulle preoccupazioni di incorrere in qualche sanzione puntando il dito su disfunzioni, lungaggini, ingiustizie che la gente ignora. Massimo Fossati, misurato e attento, ascolta poi interviene dicendo che è opportuno parlare del sistema e denunciare i guasti e le contraddizioni che esso presenta, perché è nell’interesse comune. Il mago dice che prima il malavitoso imponeva che i carcerati non salutassero gli agenti di custodia e che si mantenesse un’ ostilità tra loro. Qualcuno conferma che il carcere, mortificando la dignità, alimenta l’odio tra il detenuto e l'agente di custodia. Concluso il dibattito, Azalen invita l’autore a parlare del suo romanzo dal titolo suggestivo: L’angelo triste




La storia è ambientata agli inizi del secolo scorso e segue il protagonista fino agli anni ’70. E’ la storia di una vita “non vissuta” per una beffa del destino che separa Libero, il protagonista, da Rosa, la donna che ama. Massimo Fossati tratteggia con lieve ironia il mondo asfittico della famiglia, scavando tra le sue pieghe; i suoi personaggi sono emblemi di ciò che intossica le relazioni più intime come quella tra madre e figlio o tra marito e moglie. Tutto corre sul filo della ambiguità (o malafede) dove la menzogna e le buone intenzioni condizionano le scelte di ognuno fino (almeno nel romanzo) a un’imprevedibile svolta. Azalen chiede quanto un romanzo imperniato su periodi storici passati possa destare l’interesse di lettori giovani che non hanno conosciuto il fascismo, la guerra, la ricostruzione. Alcuni detenuti rispondono affermativamente, per il valore documentario che permette di capire la nostra storia (la miseria con cui si conviveva, la dittatura, la guerra). Tema centrale del romanzo è però il rapporto, spesso ambiguo tra genitori e figli. Si portano esperienze personali molto forti, alcuni genitori, si afferma, a ragione o a torto, pretendono di programmare la vita dei figli senza rendersi conto di intromettersi e di imporsi. Un detenuto racconta di avere lavorato nella azienda di famiglia che non sentiva propria. Si parla di vite sbagliate o di scelte dolorose per fare prevalere la propria identità. E’ toccante la storia di un trans che racconta la relazione difficile con la famiglia. Mio padre mi diceva: “Avrei preferito un figlio drogato, un figlio ladro ma non uno come te!”. Poi il riscatto dopo essere venuto in Italia a 21 anni e essere riuscito a aiutare economicamente i propri parenti. “ Ho avuto la possibilità, ritornando al mio paese, di confessare la solitudine e la sofferenza che avevo provato e ho avuto l’abbraccio che mi era mancato da bambino”, racconta. Un detenuto parla del rapporto tra uomini e donne nel suo paese dove un uomo può avere tante mogli e tanti figli anche se non ha i mezzi per mantenerli.. Dichiara di essere il 45° nipote di un re che ha 9 mogli, 32 figli e 73 nipoti. Commenta: se c’è acqua beviamo e quando non c’è, non c’è.. La storia di Libero Grandi (il protagonista del romanzo di Massimo Fossati), è la storia di una svolta e induce a parlare della possibilità di ricominciare, anche se il cambiamento è difficile per chi ha passato la vita a delinquere, rubare, sfruttare. Non c’è speranza per chi esce dopo avere trascorso 22 ore al giorno chiuso in una cella, si può mendicare o delinquere, non si impara un lavoro e nessuno te lo dà se hai dei carichi pendenti. Qualcuno accenna alla legge Rocco che obbliga a fare una detenzione in una casa di lavoro e che è una sorta di ergastolo bianco, retaggio di una normativa fascista. Ma c’è anche chi parla dei rimorsi per avere buttato via un’intera vita, ma sostiene di essere stato segnato dalla “prima volta” in carcere. Si viene a contatto con i veri criminali e poi è tutta una deriva, è difficile lavorare quando sai che puoi fare soldi facili. Il carcere può essere oltre che luogo di sconto della pena una scuola del crimine? Un AC ci avvisa che il tempo è terminato, Massimo Fossati consegna i libri che ha portato ai detenuti che gli chiedono, ringraziandolo, una dedica.

Massimo Fossati e Natascia Pane hanno già partecipato a un incontro del Libroforum per la presentazione del libro L'angelo triste, questa è la seconda volta che ci vengono a trovare, li ringrazio per la loro disponibilità.

* I nomi dei detenuti sono di fantasia

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