lunedì 12 maggio 2014

Sono un carcerato ma già un uomo nuovo

PAROLE OLTRE - LA VOCE DEI DETENUTI

Sono un carcerato, ma già un uomo nuovo
di Jerry

SONO UN CARCERATO, MA GIA’ UN UOMO NUOVO

FARE SCUOLA AI DETENUTI E’ SPALANCARE UNA FINESTRA INTERIORE NELLA LORO VITA PER FAR PRENDERE LORO COSCIENZA DEGLI ERRORI PROVOCATI DA DISUGUAGLIANZE ECONOMICHE; PASSIONI UMANE; DISORDINI E VENDETTE

Nel carcere di San Vittore di Milano chi mi ha teso la mano mi ha permesso di rialzarmi. Mi sento un uomo nuovo, la mia crescita è avvenuta grazie alle persone che credono che tutti possono cambiare. Oggi, con i miei progetti e pensieri e con l’aiuto del Signore serbo speranze che vorrei realizzare.

Vivere il volontariato nel mondo chiuso del carcere non è un servizio di supplenza alle istituzioni, è un impegno civile e quando la salute ancora protegge e la fede dell’uomo si è irrobustita, il docente offre il suo ruolo di docente tra i discenti “ristretti”. Ora, nella Casa circondariale di San Vittore proseguono corsi di scuola nei vari indirizzi. Agli educatori tutti, con la loro vicinanza ai detenuti, il grazie per gli stimoli che offrono.

Fare scuola ai detenuti è spalancare una finestra interiore nella loro vita per far prendere loro coscienza degli errori, scaturiti da disuguaglianze economiche, da passioni umane, da disordini e vendette. Sentono così che la funzione culturale è un arricchimento delle loro capacità e abilità, una scoperta di valori che aprono a una fraternità ritrovata, troppo lontana nel mondo “per bene”.

Nelle ore di scuola che frequentiamo con entusiasmo si costruisce una relazione di empatia, dove i saperi promuovono l’autonomia del detenuto e si sviluppa uno stato di benessere. Tra i banchi, negli spazi sempre ristretti dei vari raggi, il binomio insegnante-allievo dilata un legame buono che ha la valenza di risorsa. Si personalizza un rapporto pedagogico che impegna nella moralità, nella trasparenza di un comportamento che spesso esprime più della parola. 

Sono giovani, anziani, padri, madri, figli, con i loro nomi italiani e stranieri, l’umanità sofferta che esce per qualche ora dalle celle compresse per ritornare a scuola, come al tempo fresco dell’adolescenza (o della loro infanzia). 

Ti accorgi che la ricchezza di un paese non può avere solo come misura il PIL, ma anche carceri che riabilitano l’uomo. Nella segregazione quotidiana che stritola l’individuo e genera solitudine, frustrazione, annullamento di sé, l’impegno formativo della scuola permette di realizzare la dialettica dentro-fuori che diventa voce, volto che riacquista dignità e…cittadinanza nella collettività. 

Infinite le loro espressioni di gratitudine per il tempo che doniamo nella perfetta gratuità. Cercano parole di riconoscenza per l’evoluzione negli studi, osano confessioni sussurrate e offrono quella rispettosa stretta di mano che tu trattieni quasi a volere trasmettere il calore che prorompe dal balzo del cuore. Dentro le nostre storie, le nostre lacrime, ricordi di dolore, turbamenti, rancore, indifferenza, odio… Ma cercano perdono, giustizia e pace che si baceranno come recita il salmo 85… come un’utopia o tensione di certezza?

Un foglio di carta di riso infilato in un testo di un libro: 
Vorrei essere felice, immergermi nei più bei ricordi della vita…dove anche la paura scompare, dove ogni strada è un miracolo”. 
Ma è l’archivio che pulsa dentro a restare aperto, a ribollire di fronte alle miserie umane. 

Le donne-mamme dell’America Latina, quelle di Meninos de Rua (Vedi Wiki), acciuffate subito agli aeroporti, illuse nel loro viaggio di polvere bianca… per pochi soldi necessari alla loro indigenza. 

Le ragazze dell’Africa Nera, dei paesi dell’Est, raggirate nei loro sogni, offese nella persona, schiave di traffici che diventano trappole e sfociano nelle celle dei penitenziari. 

I ragazzotti, manovali e creduloni al servizio dei… (mancante) obbligati anche a tacere per il timore di ritorsioni alle famiglie. 

Quanti, quanti, mi spaventa l’elenco. Sono i pesci piccoli che non contano nulla come ha detto Papa Francesco ai cappellani delle carceri... 

I Pluto del mondo, che muovono le pedine della scacchiera del potere, accecati da privilegi, da ricchezze, liberi, ignorano le umiliazioni, la disperazione, la solitudine dell’esilio umano di chi è in schiavitù. “Fine fratellanza mai”, ho pensato che il tempo si fosse fermato: stesso dolore, stessa precarietà, sempre gli ultimi. 

Ma come ha stigmatizzato il Papa, il Signore è sempre con loro. La traduzione della Messa domenicale alla rotonda, le richieste di confessione, i colloqui con i cappellani, le persone di buona volontà che collaborano alla lettura del Vangelo, nella cappella del femminile, dove sovrasta la Croce con la Maddalena aggrappata ai piedi del Cristo. Per le donne è il luogo privilegiato per piangere e supplicare. 

L’anno 2013 quando si avvicina il Natale si fa più intensa la sofferenza attorniati all’aria da un gruppo di ragazzi e non… Mi sento incalzato da domande: fuori c’era aria di Natale? Le luci sono accese nella città? 

Ho preso il coraggio e ho risposto che fuori era tutto spento, perché il cuore degli uomini non era ancora pronto per attenderlo. Ma dentro di noi il Natale sta già entrando con la forza del perdono che rompe i chiavistelli che blindano il nostro dolore. Forse, il mio amico di cella più caro nelle sue notti insonni, quando guarda le stelle brindare tra le inferriate della cella, continua a ripetere che sono le lentiggini di Dio. 

Adesso, nel 2014, vicino alla festività pasquale si ripete lo stesso schema. Oggi, il vangelo ci presenta l’evento della Trasfigurazione, è la seconda tappa del cammino quaresimale. Io, detenuto, sono molto contento di interagire nei corsi con i volontari che si avvicinano a noi cercando di tirarci su di animo. 

C’è molto da imparare dai volontari che ci donano un pezzo del loro cuore, umanità, sensibilità per le sofferenze altrui determinate da mille situazioni sociali, dovute a emarginazione e disuguaglianze economiche, di religione. 

Ma tutti uniti con un solo obiettivo: indurre una svolta, un cambiamento nella nostra vita e con umiltà riconoscere gli errori commessi. Prendendo atto che a volte la Giustizia non emette sentenze giuste o commina pene troppo severe o a fronte di una denuncia si può finire in galera e si aspettano mesi per avere un processo che nella maggior parte dei casi conferma la colpevolezza, senza prove reali o per prove costruite da gente senza scrupoli che vogliono fare carriera alle spalle di chi?! Di noi!

Ma mi chiedo La Giustizia, la Politica che gioco fanno? Basta seguire un telegiornale per capire che molti rivestono incarichi mossi da interessi personali.. Ma noi cittadini? Come sfamiamo i nostri figli?

* Il nome dell'autore detenuto è di fantasia. Il testo qui riportato non è una trascrizione fedele ma è frutto di una personale e approssimata rielaborazione del testo originale letto dall'autore durante i nostri incontri.

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