domenica 18 maggio 2014

Antigone tra diritto privato e diritto pubblico

Incontro del 28 aprile 2014 Milano Casa circondariale San Vittore. 
Antigone di Sofocle e di Anouilh. Riflessioni sul rispetto delle leggi.
Azalen Tomaselli, Leandro Gennari Simon Pietro De Domenico con le persone detenute.
Oggi il tempo è variabile con un corteo di nuvole che vaga per il cielo. Azalen, Simone e Leandro Gennari varcano la soglia di San Vittore. L’aula è vuota e si aspetta l’arrivo dei partecipanti. Dopo la rituale lettura è Simone a proporre il tema della legge proponendo l’Antigone la tragedia scritta da Sofocle e rappresentata a Atene, nel 442, in occasione delle Grandi Dionisie. 

Simone chiede: "chi conosce quest’opera?" Qualcuno l’ha studiata a scuola ma ne rammenta poco la trama. E’ necessario introdurne la storia narrando l’antefatto. In cui Edipo, allontanato dalla propria città, vi ritorna e uccide senza saperlo il padre Laio, sposando la madre Giocasta e generando due figli maschi Eteocle e Polinice e due figlie femmine Ismene e Antigone. Appresa l’orrenda verità, il re decide di accecarsi. Alla sua morte, lascia il regno ai due figli che si accordano a avvicendarsi nel governo di Tebe. Ma, scaduto il termine, Eteocle si rifiuta di cedere il trono al fratello, il quale arma un esercito e con altri re stranieri assedia la sua città. Nella guerra entrambi i fratelli muoiono e il nuovo re Creonte stabilisce di dare sepoltura a Eteocle che era morto difendendo Tebe e di negarla a Polinice che aveva marciato contro i suoi.

La tragedia Antigone inizia a questo punto. La ragazza decide di dare sepoltura al fratello, trasgredendo la legge di Creonte, suo zio, e scoperta viene tradotta dalle guardie del palazzo in sua presenza.

Simone legge ai partecipanti il dialogo serrato, tra il re che incarna la legge e Antigone che incarna i valori sacri della famiglia e il sentimento di pietà che esula dal giudicare la ragione e il torto dei due fratelli. Nell’Ade tutti sono uguali ella proclama. 

La questione suscita alcuni interventi sul senso della legge e se essa vada rispettata anche quando è in conflitto con i valori di chi vi è sottoposto e sulla contraddizione tra diritto pubblico e sfera privata. 

John sostiene che la legge va rispettata, anche se entrambi i fratelli avevano trasgredito gli accordi, ciò non autorizzava Antigone a violare una legge dello stato. 

Leandro prova a porre la questione in termini generali: “Ci sono due leggi, la legge di Dio e la legge dell’uomo, è più importante la legge di Dio rispetto a quella dell’uomo, è difficile emettere un giudizio inoppugnabile, un capo gestisce il potere secondo la legge dell’uomo”. 

Simone soggiunge è giusto o sbagliato da due prospettive del diritto pubblico e del diritto privato, in cui si contrappongono città e famiglia. 

Renata riconosce la ribellione individuale contro la sopraffazione dello stato, ma è TheRock a spostare l’attenzione sul valore del tempo che apre gli occhi su tanti comportamenti “A sessant’anni capisci tante cose, il potere di essere spesino", dice riferendosi a un altro detenuto lavorante, volendo sottindere che anche tra i detenuti si instaurano rapporti di forza in base alla funzione più o meno privilegiata che svolgono, poi aggiunge: "sei frustrato nella vita normale ma tutte le azioni alla fine della vita le paghi, alla fine capisci tutto, quando muore tuo padre, capisci tutto e lì ti penti. Non vivi la vita comprendendola, ma comprendi la vita vivendola”. 

Poi aggiunge “Di tutte le cose la più importante è il tempo, se ti tolgo cinque anni della tua vita…” Rispetto al dilemma tra giustizia pubblica e privata afferma: “La giustizia pubblica è legalizzata, la privata la applico secondo il mio codice”. 

Luigi ricorda che i due fratelli avevano infranto un accordo. La discussione si sposta sul diritto alla ribellione, dopo che Simone ha asserito che il regnante deve fare il massimo interesse del suo popolo. Qualcuno sostiene che le leggi sono fatte per essere infrante quando non corrispondono al costume e allo spirito del popolo. 

John che è il più legalitario in questa discussione vivace afferma che il popolo ha diritto a ribellarsi, ma le minoranze, no. Qualche partecipante si interroga: la giustizia, chi la regola? 

Gennari afferma che il giudice deve attenersi alle leggi, uno la legge la può criticare e può evidenziarne i limiti.. 

Simone propone di passare alla lettura di un altro brano della stessa tragedia nella versione di Jean Anouilh, che la scrisse durante l’occupazione nazista della Francia. In questa versione Antigone si fa interprete di una visione disillusa e dolente della realtà, e di un’opposizione a un potere ingiusto anche a prezzo della propria giovane vita. 

In lei abitano la fanciulla desiderosa di vivere e di essere felice e la donna che non può cedere alla sopraffazione di un potere iniquo. Il tema dei condizionamenti del potere, schiavo di se stesso viene posto da qualche partecipante che fa l’esempio di Pilato, obbligato a seguire le leggi. 

Leandro Gennari richiama la soggettività dicendo che ognuno ha diritto di essere un Antigone ma la legge non ammette deroghe anche se si tratta di condannare un figlio. 

Qualche partecipante mette l’accento sulla sua applicazione e su certi inasprimenti che rendono intollerabili le norme come il rumore delle chiavi che suscitano un’angoscia indicibile e hanno suggerito i versi di Luigi (Vedi qui la poesia). 

L’incontro si conclude nella cordialità generale, tra saluti e strette di mano.

* I nomi dei detenuti sono di fantasia

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