mercoledì 21 maggio 2014

Disponibili all'incontro - la relazione che unisce

PAROLE OLTRE - LA VOCE DEI DETENUTI

Disponibili all'incontro: la relazione che unisce. 
di Jerry

DISPONIBILI ALL’INCONTRO: LA RELAZIONE CHE UNISCE

Ogni gesto nostro ispirato al bene condivide lo spazio del mondo con gli altri. Anche nei momenti furiosi che opacizzano spiragli, negli accadimenti furiosi più bui, non rifiutare il grido dell’altro è capire un po’ di più anche di noi stessi. 
Ci sono domande che incalzano: Che cosa devo fare? E come devo fare? Imperativi che diventano legge morale. 

Potere prendere sul serio ogni giorno è l’esercizio della nostra relazione con gli altri e ci stacca da uno sguardo abitudinario. Dall’ascolto di striscio, dalla noia per ciò che sentiamo ripetitivo, dal silenzio della lontananza, dal nostro tornaconto. 

Ci manca la rivoluzione dell’entusiasmo. 



E la strada che ci offre il fluire della vita tra frammenti di vissuto può accadere di risvegliare in noi la parola: “Vide che era cosa buona e bella…” 

La nostra disponibilità all’incontro diventa maieutica e apre al senso della ferita, dei drammi, delle inquietudini, delle attese, delle fatiche del vivere. Si affina la nostra percezione sensibile. E’ la sensazione che la nostra azione diventi – oserei dire – contemplativa. 
Ogni nostro gesto improntato al bene condivide lo spazio del mondo con gli altri. Anche nei momenti furiosi anche nei momenti furiosi che opacizzano spiragli, negli accadimenti più bui, non rifiutare il grido dell’altro per capire un po’ di più anche di noi stessi. 
Su una stampa missionaria c’è scritto: “Ricostruire per ricominciare a vivere” Mostra nella devastazione il brivido della natura matrigna del tifone Haiyan sulle Filippine (vedi Wiki). Ma, nella tenerezza di uno spaccato di vita, la Natura Madre ci ridona il lampo della resurrezione. Sulla spiaggia desolata, l’albero piegato dalla furia del vento, ma tenace nelle sue radici, è diventato l’appoggio per l’altalena dei piccoli del villaggio; i suoi rami – moncherini, lo stenditoio al sole di magliette colorate. Nella festosità del loro nuovo giorno fiorisce un frammento di infinito. 

Coltivo il ricordo di letture sulla sofferta lezione di vita dell’ebrea Simone Weil, alle prese con l’assurdità dell’esistenza per abbracciare la concezione cristiana: 

nel segno del dolore e della bellezza, nel noi che è il centro del cuore”. 

Cammino travagliato, teso alla comprensione degli eventi, senza mai perdere il filo ultimo che lega l’evento alle verità esterne. Nel suo impegno sociale, azione e pensiero esplorano le sventure dell’altro allargando il braccio per la semina fino a divenire militante nello spirito. 

Lavoro di scavo, quello della Weil, perché le cose non sono mai ovvie e nulla è scontato. La necessità di una volontà libera e “docile al limite”, volta all’umanità ha un’intesa con gli altri. 

Sacrificare quella parte di sé per dare visibilità agli invisibili, l’umiltà altro non è che l’attenzione. 

E dopo aver tanto amato, nel breve arco della sua vita capitò che ascoltando il lento straziante canto dei pescatori portoghesi e l’inaudita bellezza delle loro parole, si spinse ad Assisi per cadere in ginocchio. Ci ha lasciato Alida, giovane mamma coperta da una fitta coltre di neve, nell’anfiteatro maestoso delle Alpi. Come Croco a primavera è riaffiorata tra le braccia degli alpini. Intorno a lei la nostra salmodia 

io credo, io risorgerò e vedrò il salvatore…

Confortava il nostro pianto il risorto era con noi.


* Il nome dell'autore detenuto è di fantasia. Il testo qui riportato non è una trascrizione fedele ma è frutto di una personale e approssimata rielaborazione del testo originale letto dall'autore durante i nostri incontri.

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