venerdì 10 gennaio 2014

Bookcity 2013 Carcere - Giustizia e società civile

La giornata inaugurale di Bookcity 2013 è dedicata ai laboratori di scrittura e lettura in carcere. Partecipano i referenti dei corsi di Bollate, Opera e San Vittore, ci siamo anche noi con Libroforum e Parole in Libertà.

21 novembre 2013, una giornata piovosa. l'Aula Magna della Statale è gremita per celebrare i 250 anni dalla pubblicazione dell'opera di Cesare BeccariaDei delitti e delle pene (1764). E' il primo appuntamento della kermesse editoriale di Bookcity (www.bookcitymilano.it
che inaugura con questo binomio di carcere e cultura gli eventi che si svolgono dal 21 al 24 novembre 2013. Il programma è fitto e scandito in due sezioni, con una mattinata interamente dedicata al tema Giustizia e società civile e il pomeriggio aperto alla presentazione dei laboratori di lettura e scrittura nelle carceri di Bollate, San Vittore e Opera. Dopo i saluti del Magnifico Rettore Gianluca Vago, l'apertura spetta alla presentazione di Oltre la paura di Adolfo Ceretti, docente di criminologia all'Università Bicocca di Milano e di Roberto Cornelli, professore aggregato all'Università Bicocca di Milano. Gli interventi degli autori sono arricchiti dalla lettura di alcuni brani del libro, eseguita dall'attrice Giovanna Bozzolo. Segue una tavola rotonda alla quale partecipano: Pierfrancesco Majorino, Virginio Rognoni, Armando Spataro

L'incontro viene interrotto per una mezz'ora da uno sparuto gruppo di studenti, che megafono alla bocca urla "liberi tutti!", invoca l'amnistia e accusa i relatori di essere collusi con un sistema iniquo e corrotto. Invano Adolfo Ceretti, coordinatore dell'incontro, cerca di invitarli a partecipare al dibattito. Gli studenti gridano "non vogliamo sentire" e dopo aver insultato Armando Spataro, "colpevole" di essere un magistrato, alla spicciolata lasciano l'aula magna.

Poi è la personalità dell'illustre philosophe, di cui ricorre l'anniversario a essere introdotta e contestualizzata nella fervida temperie culturale che contraddistingue la Milano di fine Settecento, antesignana di proposte e di stimoli culturali che dalla Lombardia si estenderanno a tutta l'Europa riformista. A pennellarla e a mettere in risalto la straordinaria attualità del pensiero di Cesare Beccaria è la prof.ssa di storia del diritto medievale e moderno Loredana Garlati. Tra i meriti del Beccaria annovera, oltre la condanna (non così scontata a quei tempi tra criminalisti e pensatori) di un sistema penitenziario che adottava la tortura e la pena per estorcere la confessione e esercitare un potere arbitrario sull'imputato, l'avere sostenuto con argomentazioni logiche l'inconcludenza e la barbarie di un uso cieco della violenza. Violenza che, sebbene in parte giustificata dallo sforzo di eroderne l'uso privato, non solo non costituiva alcun deterrente al crimine, ma finiva con il premiare i veri colpevoli e mandare al patibolo gli individui più deboli, in nome di una verità inattendibile, ottenuta con la vessazione e la forza. I concetti di giustizia e proporzionalità della pena erano già ben chiari ai pensatori che si riunivano nei circoli letterari per dare vita a un dibattito che avrebbe contribuito a impostare in modo più avveduto e mite l'amministrazione della giustizia e ottenere il ravvedimento del colpevole e non la sua indiscriminata condanna. Sull'onda di questa innovativa corrente di pensiero - ricorda la relatrice - il Granducato di Toscana è il primo tra i paesi civili al mondo a abolire la pena di morte e la tortura, sotto Pietro Leopoldo Asburgo Lorena.

Nella seconda parte della mattinata, la figura di Pietro Verri è tratteggiata, nella sua complessità, dal prof. di Storia moderna e di Storia dell'età dell'Illuminismo, Carlo Capra (autore tra gli altri del libro: I progressi della ragione, Vita di Pietro Verri, ed. Il Mulino). Amico di Cesare Beccaria, Pietro Verri insieme con il fratello Alessandro formò il nucleo attivo di quella cerchia di intellettuali milanesi da cui scaturì l'esperienza dell'Accademia dei Pugni e della rivista Il caffè. Esperienza di breve durata ma significativa nel rinnovamento culturale dell'Età dei Lumi.

Il pomeriggio è dedicato alla seconda sezione, incentrata sui laboratori di lettura e scrittura nelle carceri milanesi. Coordinano gli interventi, Adolfo Ceretti che ha presieduto l'intero evento e il magistrato Beatrice Crosti. Operatori, detenuti, volontari, direttori degli istituti penitenziari, agenti di polizia penitenziaria, studenti, magistrati, avvocati, persone che per varie ragioni seguono il programma di book city sono presenti in aula.
I direttori di San Vittore, Opera e Bollate: Gloria Manzelli, Giacinto Siciliano e Massimo Parisi introducono gli interventi del pomeriggio.

L'esperienza di Bollate - con la lettura di alcune liriche eseguita dagli autori detenuti, - è la prima a essere raccontata all'uditorio dalle poetesse Maddalena Capalbi e Anna Maria Carpi. Bollate da otto anni attiva con cadenza settimanale, questo laboratorio di poesia, nato grazie alla ex Direttrice Lucia Castellano e all'adesione delle persone detenute italiane e straniere e, di recente, anche donne che lo frequentano regolarmente. In un contesto come quello carcerario, la poesia è divenuta un canale di espressione e di riflessione che trae dalla voce dei poeti e dalle “prove” dei partecipanti la possibilità di forgiare un linguaggio inedito per rivelare emozioni, sentimenti, pensieri.

Segue la presentazione di Lidia Bramani, presidente della Scuola Italiana di Senologia (www.senologia.it)
, referente di un progetto di prevenzione al femminile.

Poi prendono la parola gli operatori di San Vittore.

Si parte con il progetto Liberi di leggere. Vengono letti tre brevi racconti dei detenuti dalla giornalista Stefania Vitulli. Poi è stato il turno di Ilaria Scauri per l'associazione Cuminetti, che ha presentato il progetto svolto nel reparto dei giovani adulti accompagnata da un detenuto che ha portato una sua personale testimonianza.

Per Parole in Libertà (un progetto al femminile realizzato con Antonella Cavallo, Sonja Radaelli, Francesco Lossani e Cosimo Sarnataro) intervengono i referenti Azalen Tomaselli e Simon Pietro De Domenico e le partecipanti al progetto: Dana, Francesca e Mariangela. La motivazione della scelta di avventurarsi nella composizione di un romanzo collettivo, in alternativa alla biografie e al diario, è inscritta nel complesso rapporto tra realtà e finzione, sostiene Azalen Tomaselli, come suggeriscono i versi di Emily Dickinson:

Dì tutta la verità ma dilla obliquamente/ Il successo è nel cerchio/ Troppo luminosa per la nostra gioia inferma/ la superba sorpresa della verità.
E' il noto confronto di Aristotele tra Storia e Poesia, prosegue la relatrice, a corroborare la superiorità teoretica del poeta o del romanziere rispetto allo scrittore di storia e di biografie. Questi si limita a descrivere ciò che le persone hanno fatto o subito e non ciò che potrebbero fare nell'ambito del verosimile o del necessario. La poesia, quindi, espone una visione del generale mentre la storia registra il particolare. 

Costruire un personaggio aiuta a verificare quanto ogni gesto abbia un suo riflesso su chi lo compie e sugli altri e quanto gli individui siano plasmati dalle persone che sono state significative nella loro vita e che orientano inconsapevolmente i loro comportamenti. Scrivere è un esercizio prezioso che aiuta a capire e affrontare meglio la complessità delle circostanze in cui per scelta o per caso ci si imbatte. L'illustrazione del progetto è seguita dalla lettura di due brani del romanzo, ambientato a New York, la cui vicenda ruota attorno alla ricca Jacqueline Wilson e dalla lettura di un breve testo composto per l'occasione dalla scrittrice Sonja Radaelli.

Renata Discacciati presenta l'attività del giornale che coordina insieme alla giornalista Simona Salta con lettura di tre articoli eseguita da Cinzia, da Mariangela e da Dana.

Liliana Oliveri ha proiettato alcune diapositive delle maschere realizzate da alcune detenute nell'ambito del progetto: Condivisione sulla condizione femminile. Le maschere rappresentano una via creativa per affrontare una riscoperta dell'identità femminile e del significato di essere donna anche dietro le sbarre.

L'attività del progetto Libroforum al reparto sesto secondo fornisce lo spunto per ricordarne l'ideatrice, Zina Smerzy, l'associazione culturale Renzo Cortina e l'ex direttore di San Vittore Luigi Pagano che espresse il proprio favore all'organizzazione di incontri tra scrittori e persone detenute. Lo scrittore Giorgio Cesati Cassin legge una lettera testimonianza e una poesia scritti da due detenuti. Nelle conclusioni Simon Pietro De Domenico sottolinea il valore maieutico degli scambi tra i partecipanti, orientati a trovare nel libro un pretesto per affrontare varie tematiche e per prospettare risposte e soluzioni, nel rispetto delle divergenze di pensiero che inevitabilmente emergono dal confronto dialettico. Il dibattito costituisce un'officina che stimola riflessione e rispetto oltre a invogliare i partecipanti a cimentarsi nella scrittura di testi che sono letti e commentati nel gruppo.

Segue la proiezione del film documentario Levarsi la cispa dagli occhi (www.levarsilacispadagliocchi.it
di Carlo Concina e di Cristina Maurelli. Il lungometraggio girato dentro il carcere di Opera è un viaggio attraverso quel posto di frontiera che è il carcere, dove la presenza di scrittori, di poeti può gettare un ponte verso il fuori creando le condizioni per un riscatto umano e accendendo la speranza di ritrovare un senso e un valore nello scorrere di giorni tutti uguali. 

A conclusione tutti i referenti e i partecipanti dei corsi di Opera decidono di salire tutti assieme sul palco dell'aula magna testimoniando l'importanza dei laboratori di scrittura e di lettura nel carcere. Portavoce delle numerose attività che si svolgono a Opera è Barbara Rossi, responsabile Cisproject, progetto Leggere Libera-Mente.

Rivolgiamo agli organizzatori di Bookcity un vivo ringraziamento per avere contribuito con il loro impegno organizzativo a mostrare un volto meno conosciuto delle case di reclusione, e avere dato alle persone detenute la possibilità di partecipare come cittadini a uno scambio di esperienze vivo e stimolante.

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