Considerazioni di Antonella Cavallo (vai QUI per il resoconto)
È arrivato il giorno
dell'incontro al maschile, al VI raggio, quello degli intoccabili,
dei paria, quelli che non possono stare coi detenuti comuni. Lo so,
l'ho letto e confesso di non aver la minima voglia di andarci, non
con lo stesso entusiasmo che mi spinge da due mesi a questa parte a
varcare soglia e cancelli di San Vittore. Perché lo faccio? Non ho
bisogno di mettermi alla prova o di farmi dire che sono brava, chi mi
conosce lo sa e soprattutto lo so io. E allora? Perché. Perché ho
dato la mia parola, e la mantengo. Sono nervosa, la pressione sotto i
tacchi e una conferenza stampa alle spalle dedicata al Festival della
Letteratura. Si è parlato molto di carcere, hanno invitato un
detenuto ad intervenire, ha preso, pardon gli hanno dato, cinque ore
di libera uscita, si è avvicinato al palco ha preso il microfono e
si è voltato a parlare ad un pubblico attento. Un armadio a quattro
ante con una benda sugli occhi. Sonja mi dà un colpetto al braccio:
'È il nostro A. quello del III!' È lui, il suo discorrere è
chiaro conciso, è dentro da molti anni e ci parla delle attività di
legatoria di cui è responsabile. Al termine della conferenza ci
avviciniamo a salutarlo, ci stringe la mano: 'Quando volete passare,
io sono lì!' Sembra il gigante buono. Una sua manata fermerebbe la
carica di un rinoceronte.
Focalizzo la sua immagine e mi tranquillizzo mentre attraversiamo cancelli nuovi e percorriamo corridoi stranamente vuoti, silenziosi. Le celle affollate scorrono una dietro l'altra, intravedo un uomo con l''asciugamano intorno alla vita preso a strofinarsi. C'è poco spazio, troppo poco, mi chiedo cosa succederà quando la canicola diventerà insopportabile.
"Chi ha paura
dell’uomo nero?" Mi torna alla mente la frase gridata dal
bambino che 'stava sotto' e che dava il via a una corsa folle degli
altri bambini, i quali, urlando, dovevano raggiungere e toccare un
muro di salvataggio senza farsi prendere... E penso a tutti quelli
che da bambini hanno temuto il buio. Come sarà qui il buio? Contro
quale parete troveranno rifugio tutti questi ex-bambini?
Saliamo al secondo piano
attraverso un giro di cancelli, Simone mi cede il passo, sono
disorientata e sono la prima della fila. Dalla soglia vedo Azalen che
parla con una guardia, Davide è già seduto all'interno di una cella
grande, a fianco c'è una porta chiusa col cartello 'docce' e poi
poster di frasi a sfondo religioso e una voliera con un uccellino.
Entriamo nella cella di incontro dove ci attende il nostro pubblico.
Avevo già idea di come fosse, Francesco me ne aveva parlato.
L'intonaco verde, e già il colore è un programma, è fatiscente, ma
ciò che colpisce e focalizza la mia attenzione sono le due finestre,
o meglio le doppie sbarre: quelle più interne sono quelle
originarie. Sono tubi in ferro incrociati con una luce di 5x5 e
residui di vecchie corde o stracci annodati.
Azalen saluta i nuovi
arrivati che si presentano e ci danno la mano, Z. nota che Simone ha
tagliato i capelli, Azalen no, lei non ha bisogno di cambiare, lei
sta bene così. Viene letto il resoconto del precedente incontro in
attesa di eventuale censura da parte dei partecipanti, intanto io
sono ancora intenta ad osservare quei vecchi nodi di corde e a
visualizzare gli usi più terrificanti. Il mio vicino arpeggia le
corde della chitarra di Simone e ci accompagnerà per tutto
l'incontro.
Simone ci cede la parola,
ora tocca a noi. Di solito Sonja introduce mi presenta, ora invece
sono io a parlare e parto a ruota libera, distribuisco due copie de
'La Pietra dei sogni' che passano di mano in mano soffermandosi tra
chi ne sfoglia le pagine, legge, osserva. Parlo di scelte e li guardo
negli occhi uno ad uno, parlo, ascolto la mia voce da fuori e mi dico
che non sono diversi dai detenuti del III raggio, tanto meno dagli
uomini che si incontrano ogni giorno per strada. Sono uomini ora,
uomini e basta. Esseri umani curiosi, attenti. Mi accorgo di aver
parlato a lungo e cedo il passo a Sonja che mi sollecita a far
parlare loro. Fanno domande sagaci, acute, c'è chi non vede l'ora di
leggere il mio romanzo. Uno di loro chiede il permesso di tenerlo per sé e vorrebbe una dedica. Respiro e mi rilasso grazie alla scelta
del mio vicino che ha occhi solo per la chitarra, forse ha capito, ha
fiutato la mia adrenalina, le sue dita toccano le corde con maestria.
Ora è la volta di Sonja, interviene Davide e alla fine si apre un
dibattito sull'appartenenza. Il rischio è alto, una frase a volte
può avere significati diversi e prenderla dal verso sbagliato può
rompere un equilibrio precario. Uno di loro è dentro da un mese, ha
letto molto, riconosce di aver sbagliato e si rammarica di essere
costretto all'inedia per ventuno ore al giorno. 'Perché non metterci
a fare qualcosa? Datemi un pennello e sistemo la mia cella che fa
schifo, fateci asfaltare le strade, fateci fare qualcosa di utile per
pagare il nostro debito!'
La galera per lui è una
tappa, un transito, un'occasione per redimersi. Forse non ha capito
che quello sarebbe un premio che a loro non è concesso... o forse lo
ha capito sin troppo bene. Lui appartiene alla sua famiglia e questo
gli darà la forza di andare avanti.
Simone ci chiedere di
rappresentare 'Una moglie imperfetta' e lo facciamo grazie alla
magistrale interpretazione di I. con un esilarante Cavalier Tenconi.
Lascio il mio posto e mi siedo accanto a Z. col copione che dovremo
leggere insieme. Si emoziona, i suoi compagni lo canzonano: 'si è
innamorato!' Lui va avanti, sta al gioco e la scenetta finisce con
una risata a cuor leggero. Il musicista ci saluta con una canzone di
Vasco:
E ogni volta che torna
sera
mi prende la paura
e ogni volta che torna sera
mi prende la paura
E ogni volta che non c'entro
ogni volta che non sono stato
ogni volta che non guardo in faccia a niente
e ogni volta che dopo piango
ogni volta che rimango
con la testa tra le mani
e rimando tutto a domani…
mi prende la paura
e ogni volta che torna sera
mi prende la paura
E ogni volta che non c'entro
ogni volta che non sono stato
ogni volta che non guardo in faccia a niente
e ogni volta che dopo piango
ogni volta che rimango
con la testa tra le mani
e rimando tutto a domani…
poi mi dice: 'Se ci
promettete di tornare, metteremo in scena la recita.'
Probabilmente si aspettano
che non lo faremo, forse nessuno lo fa. Cede la chitarra a Simone che
di sicuro gliela riporterà settimana prossima.
Ci stringono la mano, ci
ringraziano, sono stati bene, si sono divertiti e forse, chissà, ci
leggeranno. Ci chiedono la dedica sui libri: 'Scrivi per i ragazzi
del sesto secondo'
La cella di fronte a noi è
occupata da transessuali, uno di loro balla passi di samba.
Ricalchiamo i nostri passi
verso l'aria aperta e restituisco il permesso alla guardia
dell'ingresso con un pensiero: Chi ha paura dell'uomo nero, qui non
ci deve entrare.
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