lunedì 12 novembre 2012

Padre, se anche tu non fossi il mio...

Incontro del 5 novembre 2012 Milano Casa circondariale San Vittore. 
Al Sesto Secondo si discute della difficoltà di essere padri e di essere figli.
Azalen Tomaselli e Simon Pietro De Domenico con i detenuti
Oggi è bello a Milano. il cielo azzurro è attraversato da poche nuvole leggere. Simone e Azalen arrivano puntuali all’appuntamento. Attraversato il cancello, vengono trattenuti dagli agenti nell’ampio corridoio del sesto reparto perché la stretta scala è impegnata dai detenuti che si recano all’aria. Molti di loro sono africani, nessuno del Libroforum ha preferito godere di questi ultimi scampoli di sole autunnale, infatti il gruppo è numeroso e il giro delle sedie più ampio del solito. C’è anche Animabella che prende subito la chitarra e inizia a cavarne qualche nota melanconica. Simone invita Cortez a spiegare in breve a a un nuovo partecipante cosa sia il Libroforum, poi legge come d’abitudine il resoconto dello scorso incontro, in sottofondo le note di Animabella. Oggi non c’è l’autore per un fraintendimento che ha fatto saltare l’incontro e Simone sceglie una prima poesia tratta da una collana di tascabili Bompiani distribuiti dall’Espresso, invitando Giocadinuovo a cimentarsi nella recitazione del testo. E’ Lasciatemi divertire di Aldo Palazzeschi. I commenti piovono subito perché non sfugge il senso di queste parole in libertà. Sembra anzi che il testo sia suggestivo e orienti le risposte rapide e immediate. Qualcuno osserva è il gusto di giocare con le parole che sembra ridicolo.




Lozio nota il senso dell’autoironia allegro e profondo, gli fa eco Giocadinuovo soggiungendo "è bizzarro e forte". Simone si sofferma sul fatto che sembra un testo ridicolo ma è una critica mascherata a una società vecchia e ossificata da parte di una corrente di artisti che si opponevano a codici e comportamenti imposti dalla tradizione . Il pensiero corre a Pirandello e alla sua denuncia della prigionia dell’uomo, condannato a vivere in una società codificata da vecchie regole. I suoi personaggi sono tutti animati da un bisogno di fuga dalle forme false che soffocando la verità riducono gli uomini a pure maschere. Segue la lettura di Padre, se anche tu non fossi il mio… di Camillo Sbarbaro una delicata lirica in cui il poeta genovese scova dalla memoria due episodi della sua infanzia. Con un linguaggio limpido l’autore parla al padre morto e rammenta di quando in un lontano inverno, aveva mostrato ai figli lo spuntare della prima viola e di quando dopo aver inseguito la sorellina per punirla, vedendola impaurita "gli era mancato il cuore" di sculacciarla e, presala in braccio, l'aveva consolata per proteggerla “da quel cattivo ch’eri il tu di prima”. Il conflitto del poeta con il padre, superato quando il padre non c’è più, offre l’occasione per considerazioni personali. Giocadinuovo commenta "Mi dà tristezza perché sono padre di un bambino piccolo e mi vengono dei flash di quando ero bambino e senza la sua storiella non sapevo andare a dormire, l’ho sempre amato anche se non è stato troppo vicino. Mi sono messo in tutte e due le condizioni.
Matthäus con gli occhi umidi accenna al rapporto problematico con il proprio genitore e al rancore che prova per non avere ricevuto niente. Simone ipotizza che è mancato un riconoscimento, poi aggiunge che per certi uomini provvedere economicamente alla famiglia equivale a assolvere alla loro funzione di padri. Qualcuno rileva la mancanza di autorità di una mano forte per essere indirizzati. Lozio sostiene che il padre è il perno. Matthäus riprende il filo raccontando che ha avuto tante cose materiali, ma che gli è mancata la presenza affettiva. Anche adesso che è diventato nonno mostra la stessa aridità nei confronti della nipotina, la figlia di Matthäus. Poi dichiara: "sono qui per una colluttazione con lui, ma lo rifarei perché è stato un padre padrone materiale; io sono cresciuto, non sono stato come lui con mia figlia. Non riesco a capire se provo indifferenza o odio", confessa. 

Lozio parla del rammarico del tempo perso, delle cose che non si dicono, quando è possibile farlo. Poi ammette che gli uomini dovrebbero coltivare la parte affettiva che è delle donne. Simone, citando Jung osserva che in ognuno c’è una parte maschile e femminile. Lozio racconta del rapporto con il fratello molto introverso che sta riscoprendo nel dolore, riaprendo un dialogo interrotto allude allo scambio per il quale "io ti do e tu mi dai". Giocadinuovo interviene per fare notare che ci possono essere altre figure paterne, e dichiara che sta scoprendo molte cose di se stesso, è in una fase di maturazione, pensa con autonomia e si è convinto che essere uomo significa comprendere il valore dell’affetto "che vale più di tutti i miliardi". Lozio ritorna sul fluire del tempo che lascia indietro tante occasioni per incontrarsi, e racconta di essersi sorpreso quando sua figlia gli ha confidato che con lui riesce a avere un rapporto e che il momento più importante è stato quando a dieci anni e mezzo le ha comprato la matita per truccarsi gli occhi. Un fatto insignificante che nel suo ricordo valeva come segno di poter esprimere un desiderio e di vederlo accolto e non sciupato da divieti a volte inutili. 

Giocadinuovo critica i genitori che riempiono di cose materiali, quasi per un bisogno narcisistico, però ammette che: "quando aveva bisogno di sfogarmi trovavo il mio punto di sfogo". Lozio dichiara di essere divorziato ma di avere seguito la figlia con la stessa assiduità e lo stesso affetto. Con le note della chitarra che ci hanno seguito per tutto il tempo Giocadinuovo legge un’altra poesia di Sbarbaro: Svegliandomi al mattino a volte provo.. che affronta il tema del risveglio dopo il sonno notturno con la mente lavata dall’oblio che rigenerata si affaccia curiosa all’esistenza. Poi d’improvviso l’esperienza "emerge come terra mentre la marea si ritira per mostrare l’irragionevolezza della vita" e "come sull’orlo di un burrone si apre la disperata luce del mattino". 

Lozio ad arte bilancia il messaggio disperante del poeta e alleggerisce il clima che si è fatto cupo con il racconto di un suo breve sogno. "Ero fuori e mi trovavo dal tabaccaio a chiacchierare, c’erano le mie ragazze e ero contento poi mi sono svegliato e non volevo perché stavo meglio di là, mi sono arrabbiato!" Il rapporto sogno realtà sembra ricalcare la celebre frase di Calderon de la Barca: "Che è mai la vita? Una frenesia. Che è mai la vita? Un'illusione, un'ombra, una finzione... E il più grande dei beni è poi ben poca cosa, perché tutta la vita è sogno, e gli stessi sogni son sogni!" Mattia interviene con un altro "resoconto onirico": "Ero a casa e dovevo tassativamente rientrare in carcere, era una giornata di pioggia, e c’erano impedimenti di ogni genere, l’auto non partiva, i mezzi non funzionavano, vivevo questa angoscia." Poi il discorso ritorna sul padre perché Simone chiede a Roman di parlarne. Lui risponde che suo padre si è occupato di lui e gli ha acquistato la casa in Serbia, ha messo su un’attività, ha avuto un buon rapporto, poi parlando di sé come padre osserva che non è difficile mantenere i figli, lui è proprietario di un grosso camper, ma si rammarica che con la nuova normativa i suoi figli non possano andare a scuola, perché lui non ha una residenza in Italia. Cortez al quale Simone fa la stessa domanda risponde di essere figlio di genitori separati e di essere stato lontano dal padre essendo vissuto con il patrigno. Poi parlando di sé come padre aggiunge di avere scelto lui il nome di sua figlia e che gli piaceva molto giocare con lei e vestirla, sebbene fosse un padre separato. Mattia racconta di non vedere il figlio ventenne da molto tempo, perché prova vergogna e vuole evitargli il dolore di incontrarlo a San Vittore. Esprime il suo amore per il giovane e dice di aver saputo dai suoi genitori che il ragazzo la sera prende l'auto e continua a girare attorno al carcere quasi a voler far sentire la sua vicinanza al padre. 

Per fugare la malinconia Azalen propone un racconto di Sandro Veronesi, Morto per qualcosa, in cui il tema del padre è sempre presente. Il racconto non riscontra particolare successo, Iena si spinge ad affermare, che se Veronesi è un grande scrittore, chiunque potrebbe esserlo. Ad una successiva analisi più attenta viene colta la profondità del testo. L'aspetto che si è discusso di più è il bisogno del figlio di presentificare il padre morto e di vendicarsi della dimenticanza con cui è cancellato tutto il senso di un'esistenza. 

Infine è la volta di Speedy Gonzales, questo il nome scelto dal nuovo detenuto in onore al topino dal sombrero giallo, famoso per la sua prodigiosa velocità. Racconta di essere stato un figlio terribile di cinque fratelli e di avere avuto un grave incidente verso gli otto anni, sbalzato fuori dal pullman è rimasto in coma per tre mesi. Poi confessa pensavo di essere il più sveglio. Da Santo Domingo è arrivato in Italia nel 2004, parla della vita disordinata e della fumadera fino all’esperienza del carcere, ma si ripromette: "Non ci torno più". Improvvisa un piccolo show condito di autoesaltazione e canta due sue canzoni Galera e Non ci sono amici gli fa da contrappunto Giocadinuovo con Desideravo, letta da Lozio. A conclusione dell’incontro Simone chiede a Lozio di leggere ancora Lasciatemi divertire, accompagnata dalla chitarra suonata da Animabella. 

* I nomi dei detenuti sono di fantasia

Nessun commento:

Posta un commento