lunedì 22 ottobre 2012

Vivendo la galera nella galera di se stessi

Incontro del 15 ottobre 2012 Milano Casa circondariale San Vittore. 
Quello che non ci uccide ci rafforza?
Azalen Tomaselli e Giorgio Cesati Cassin con i detenuti
Piove a Milano. Una pioggia fitta che comunica malinconia. Oggi al bar Giorgio Cesati ha già pagato un caffè, c’è il solito via vai di facce ormai conosciute. Ci si avvia varcando la trafila di cancelli. Nuovi partecipanti si sono aggiunti al gruppo del Libroforum. Dopo una breve presentazione Azalen chiede a Giorgio di leggere le riflessioni di Pier Luigi Bonora: una divagazione sulla passione per la radio per suggerire la sintonia emotiva che Pier Luigi ha provato nell’incontro del Libroforum: ”l’immenso piacere di cercare di sintonizzare la frequenza dell’emittente con i vibranti recettori.. raggiungere la stessa vibrazione e unire in spirito e in volontà l’arte, l’umanità, il pensiero dell’emittente e del recettore..” dice il testo che si conclude con una poesia indirizzata agli “amici” di San Vittore... Segue la solita lettura del resoconto dell’incontro precedente con la domanda rituale su eventuali rettifiche. Giocadinuovo ha con sé un foglio con le sue parole a stampatello che legge: sono pensieri che mitragliano, incisivi e scanditi, per aprire una breccia.. E’ lui che richiama la inutilità del conflitto tra cristiani e mussulmani . Sostiene che è pericoloso usare l’ideologia per esercitare un dominio e parla della comune radice delle religioni. Il dissidio nasce dall’uso di una parola, aggiunge, dal fatto di dire recitando le preghiere “Padre nostro” piuttosto che “Signore nostro”. Giorgio a proposito del fondamentalismo come deriva e degenerazione di un confronto tra posizioni diverse, parla dell’equilibrio che ognuno dovrebbe raggiungere tra il Peter Pan che è in lui, il desiderio di giocare e lasciarsi guidare dai sogni e dalla fantasia, e la saggezza che porta a usare la ragione per capire cose profonde. Un partecipante parla della presenza ingombrante del fanciullo dentro ciascuno e cita le favole di Alba Marcoli. Poi uno dei nuovi, Mattia cita una frase di Nietzsche: Ciò che non mi uccide mi rafforza



Fino a che punto si deve arrivare? La domanda crea una pausa di silenzio. C’è dietro la sofferenza di una condizione che per alcuni è al limite della sopportazione e abbatte tutte le difese. Lozio aggiunge che vi sono detenuti che non hanno sbagliato e che sono stati arrestati per non avere accusato altre persone che, secondo loro, non avevano commesso alcun reato. Per questi il carcere che funzione ha? Chiede. Giocadinuovo gli risponde che sono qua per rafforzare altre persone. Mattia ritorna sul tema della sofferenza e afferma: "non vorrei essere trattato come un animale", poi accenna alla sua esperienza in India anche quella segnata dalla sofferenza ma alleggerita dal fatto che sapeva a che cosa andava incontro. "Soffrire una pena interiore nello spirito e nel fisico, vedere gente che si taglia, che si impicca nel letto dove dormo..non mi stanno buttando via mi sto distruggendo da solo", esclama. Giorgio risponde che è migliore la pena di morte a confronto della mancanza della libertà, del rispetto perché sarebbe meglio uscire dall’inferno e poi allude alla sua angoscia, e agli incubi che lo assalgono la notte. Non riuscirei a essere meglio di te, dice a Mattia. Il peso di queste parole evoca il pensiero della vecchiaia perché uno dei partecipanti, Animabella, osserva di soffrire di più adesso la reclusione rispetto al passato quando aveva la prospettiva di una vita davanti a sé. A questo proposito Giorgio confida, non senza ironia, di avere espresso la volontà di essere cremato e che le sue ceneri siano disperse nel suo amato golfo ligure. Poi soggiunge ..così la moglie immergendosi potrà sentire il mio abbraccio..

Qualcuno parla dei sogni come un recinto privato che si sottrae a ogni tipo di dominio. Giocadinuovo indica il valore dell’amicizia come antidoto alla mortificazione fisica: scambiarsi un sorriso, chiedere un consiglio, avere il cuore per un rapporto tra persone unite dalla stessa esperienza. Ma Mattia replica che non si può accettare una giustizia che condanna per la recidività di una scemata, mettendo l’accento sul fatto che la giustizia è la giustizia loro, di coloro che la esercitano e ne dispongono. Giocadinuovo gli risponde: "Stai vivendo la galera nella galera di te stesso”. Qualcun altro commenta che ci vuole più dignità a essere dentro che fuori e Giorgio gli fa eco: Come se ne esce senza darsi le martellate lì? Un partecipante risponde che si vivono dei momenti, poi si ritorna in quel maledetto buco a combattere con gli scarafaggi. Altri confermano che il loro reparto è il carcere del carcere, perché sono gli infami e osservano che gli assassini sono trattati meglio di loro. Verso la fine Giorgio legge due brani di Ascendente in vergine, un suo thriller che narra di Claude Cohen, un ascendente in vergine, ossessionato dall’idea di fare qualcosa di perfetto..un delitto! Con la sua voce da attore teatrale trasporta i presenti sulle strade della Jugoslavia a bordo di un camper in compagnia di una felice famigliola (uno dei ricordi del protagonista del romanzo) per farli assistere allo sfortunato ammaraggio di un canotto e poi al imprevisto quanto disgustoso versamento del contenuto del bugliolo della toilette .. Sull’eco di questi gustosi e divertenti episodi ci salutiamo.


* I nomi dei detenuti sono di fantasia

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