Incontro del 1 ottobre 2012 Milano Casa circondariale San Vittore.
Oggi a San Vittore ritorna Giorgio Cesati. La giornata è grigia e autunnale con un groviglio di nuvole che attraversano il cielo. Al bar Giorgio è seduto in attesa delle due chiacchiere che si scambiano prima di entrare. Poi ci si avvia e si percorre l’atrio e i corridoi. La stanzetta è vuota al sesto secondo, dopo alcuni minuti, arrivano solo quattro partecipanti, sono tutti all’aria, ci annuncia il bibliotecario con un certo imbarazzo.
Giorgio Cesati Cassin presenta Fumo dagli occhi
Giorgio Cesati Cassin, Azalen Tomaselli e Simon Pietro De Domenico con i detenuti
Giorgio Cesati Cassin, Azalen Tomaselli e Simon Pietro De Domenico con i detenuti
Simone risponde che non è previsto alcun obbligo di frequenza. L’atmosfera è cordiale e, dopo una breve presentazione di Azalen, Giorgio Cesati trasporta i presenti nel suo mondo parlando della sua attuale condizione di pensionato, padre di quattro figli che in quattro hanno pensato di farne uno (di nipoti), commenta con malcelata amarezza. La conversazione scorre come un fiume, ora accelera, ora indugia, facendo intuire i dolori e le gioie di una intera vita. Giorgio parla del suo carcere immaginario, delle sbarre che è riuscito a attraversare riscoprendo il piacere della scrittura. Il pensiero è il mio grande conforto, ma la scrittura avverte chiede dedizione. Un detenuto gli chiede se lui scriva quando è lucido o sotto l’effetto di droghe. Il pensiero va agli scrittori come Poe che a volte componevano in uno stato di trance, per attingere esperienze vertiginose. Giorgio riporta il discorso sulla tecnica della scrittura e raccomanda a chi vuole cimentarsi di non pensare al finale perché può sempre cambiare, di affidarsi e di farsi guidare senza aver paura del finale. Le sue parole suonano come un richiamo al finale della vita e alla imprevedibilità degli eventi. Qualcuno replica: ci può essere un “mai fine” e lui risponde un finale che lascia tante possibilità. Giorgio racconta la sua esperienza di bambino che si chiudeva in un’astronave immaginaria, descritta come una cupola trasparente, per intraprendere viaggi meravigliosi. E’ lo spunto per introdurre il suo romanzo Il fumo dagli occhi, dove il protagonista a bordo di un’astronave, si imbatte in una balena che dormiva a bocca aperta e incontra Mastro Geppetto. Il padre di Pinocchio vi era rimasto prigioniero, perché un editore sbadato aveva dimenticato di fare stampare le pagine relative alla sua liberazione. Però puzza di pesce e il protagonista lo invita a traslocare sul Nautilus del capitano Nemo che passava da quelle parti.. Una storia letta con espressività teatrale dall’autore che, tra le righe, parla del rifiuto del padre e che, sotto le parvenze del gioco burlesco, affronta temi molto forti. Un detenuto, incuriosito, chiede a Giorgio di spiegare il titolo. Il fumo dagli occhi si riferisce a uno dei più saporiti episodi del romanzo che ne adombra il tema centrale: la presa di coscienza della realtà da parte di un adolescente e la fine delle illusioni infantili. Segue la lettura de Il Pelo, un racconto che parla della trovata di un ex manager della Samsung il quale, messo a riposo, ritorna in pista creando un’accademia di studiosi e cultori del sesso, ma alla fine rimane vittima dello stesso congegno che ha innescato.
Il discorso procede zampillando e soffermandosi su vari argomenti come quello sull’importanza della memoria: scrivere è ricordare e il ricordo lavora sugli eventi, compone e ricompone la trama della vita. Giorgio fa una piccola lezione sulle mnemotecniche, parlando dei loci ciceroniani, cioè la tecnica illustrata nel De Oratore da Cicerone che mette in luce la facilità per la nostra mente di memorizzare oggetti che hanno riferimenti visivi e sono collocabili in un luogo circoscritto, con una sequenza ben ordinata. Spiega come associando i dati da ricordare a questi oggetti se ne faciliti la ritenzione. Racconta di avere stupito sua moglie rammentando tutti i nomi delle gallerie che attraversa sulla pianura coperta di neve quando viaggia verso… snocciola i nomi Barbarossa, Terre bianche, Cipresse..Il discorso poi è riportato sul significato della scrittura. Per Cortez è una valvola di sfogo. Il tema della scrittura fa da catalizzatore e crea uno spazio per raccontare esperienze personali come quella vissuta da un detenuto in comunità, dove il senso di oppressione si alleggeriva scrivendo una poesia con la p piccola. Giocadinuovo dice di scrivere alla sua ragazza e soggiunge: "Sento che le sto parlando" … Un terzo partecipante aggiunge: ..è come spiegare cose che non si è riusciti a dire, paure, vulnerabilità, sentimenti. Si parla della scoperta e della sorpresa per avere scritto pensieri e emozioni che non si sospettavano, prima di trasferirli su un foglio. Poi Giorgio parla di se stesso e del momento della pensione che ha chiuso la sua lunga carriera di medico: Non sai dove mettere le tue ossa, precisa con la sua ironia e poi confida la sua decisone di buttarsi anima e corpo sugli scacchi, l’amicizia, la pittura, la musica. Un agente compare per avvertire che siamo alla fine dell’incontro. Giorgio distribuisce i suoi romanzi, sorridente, ha la saggezza di un vecchio e la leggerezza sorniona di un fanciullo, sa tenere prodigiosamente in bilico queste due qualità.
* I nomi dei detenuti sono di fantasia
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