sabato 8 novembre 2014

Il carcere può cambiare le persone?

Incontro del 13 ottobre 2014 Milano Casa circondariale San Vittore. 

Il carcere può cambiare in meglio le persone? O rimane solo l'amarezza?
Azalen Tomaselli, Iginia Busisi Scaglia, Leandro Gennari e Simon Pietro De Domenico con le persone detenute.
Oggi c’è una schiarita dopo la pioggia, e un timido sole fa capolino rischiarando il cielo ovattato. Azalen, Leandro Gennari, Iginia Busisi Scaglia si dirigono puntuali verso il sesto secondo. Di scena è la poesia, attraverso la voce di Iginia che racconta della Milano antica in cui una timida brezza porta alle case il profumo dei fiori. 

Ognuno di noi ha la campana di vetro” commenta la poetessa, “siamo fiori veri che sospirano una brezza benefica”. Nell’ascolto attento la poetessa legge altri versi dedicati allo scempio della Natura che truppe assordanti di barbari compiono sbarcando sulle spiagge. 

E’ il tema del disastro ecologico con le cifre della distruzione della fauna che danzano per fare intendere come la Terra sia a rischio e si raggruma nell’immagine poetica dell’ultima sirena colta nell’atto di lanciare il suo grido. 

Poi uno dei partecipanti interviene per raccontare del suo rapporto con il figlio. “Sono cresciuto senza padre e non volevo che mio figlio facesse la mia stessa esperienza. Non facevo cose illecite, mi hanno sistemato bene, all’inizio ho tentato il suicidio”. 

Poi racconta dei colloqui con suo figlio, in cui spesso si va incontro a attese estenuanti per un bambino, senza spazi e ambienti adeguati all’infanzia. E’ la denuncia accorata di un padre, che soffre per le limitazioni imposte a vittime inconsapevoli (i bambini). 

Mi veniva voglia di piangere, mi sentivo impotente, stavo per perdere la testa” dice. 

Leandro prende spunto dalle storie raccontate per ribadire la sua domanda (Come già avvenuto in un precedente incontro. vedi QUI): “E così difficile una volta che si sperimenta il negativo, cambiare?” Romero risponde: “Io mi troverò i figli, la casa, il lavoro, per altri non è la stessa cosa, sono vite spezzate” 

Leandro riprende: "Se avete trascorso un periodo della vita in cui eravate costretti a fare quello che volevano gli altri, questo aiuta a pensare e a modificare la propria vita, oppure no? Oppure rimane solo l’amarezza?” 

Simone risponde che secondo lui il carcere non rieduca le persone come è provato dall’alto tasso di recidiva. Roberto mostra un foglio. E’ “la sua città invisibile” (Per progetto Città Invisibili, vedi QUI), ma avverte che vuole rielaborarla. Azalen la legge, si intitola La città dei pensieri e è accolta da un silenzio commosso.

Un altro partecipante racconta di avere arrestato una trans durante un’operazione in una zona rossa, e di averla ritrovata a San Vittore. “Il destino ci ha fatti incontrare”, dice “ci hanno ordinato di intervenire, sirene accese, giubbotto antiproiettile... e l’ho arrestata.” 

Iginia chiede se si arresti anche il cliente e il partecipante risponde che viene solo segnalato. Frammenti di storie di vita si insinuano nei discorsi. “Nella vita sono riuscito a superare dei traumi, poi precisa: appartengo a una famiglia benestante, Io ho scelto a modo mio, sono andato contro mio padre. Ho avuto la perdita del genitore e una madre sulla sedia a rotelle, uno non sa a chi aggrapparsi” 

Romero risponde al quesito posto da Leandro e dice: "Vivo in apnea, aspetto

L’incontro si conclude sull’eco di queste storie che lasciano tracce nella mente mentre Azalen, Leandro, Simone, Iginia si allontanano dal gruppo, dopo le consuete strette di mano e un arrivederci tra sette giorni.

* I nomi dei detenuti sono di fantasia   

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