venerdì 28 novembre 2014

Si può perdonare tutto?

Incontro del 6 novembre 2014 Milano Casa circondariale San Vittore. 

Cos'è il perdono? Tutto è perdonabile?
Azalen Tomaselli, Iginia Busisi Scaglia, Leandro Gennari e Simon Pietro De Domenico con le persone detenute.
Il ritorno del figlio prodigo - Rembrandt (1668)

Perdonare (etimologia): dal latino medievale: perdonare composto da per (completamente) e donare (donare) - originatosi cambiando il prefisso di condonare.

Perdonare (significato): Treccani

Una pioggia fitta flagella la città. Oggi Azalen, Simone, Leandro e Iginia varcano il portone di San Vittore. Leandro propone di leggere alcuni aneddoti che riguardano Milano. Sullo stesso nome della città le ipotesi sono più d’una, fa notare. Dalla più accreditata che fa riferimento alla posizione in mezzo alla pianura padana a quella insolita che rimanda a una scrofa con il pelo dal petto in giù, una scrofa semilanuta, da cui deriverebbe per successive alterazioni Milano. 

Poi prosegue spiegando l'espressione a ufo risalente al tempo della costruzione del Duomo, quando il marmo da Candoglia veniva trasportato dalle barche lungo il naviglio progettato da Leonardo ad usum fabricae, da cui poi il nostro a ufo.

Iginia si sofferma sul tema della città con due sue poesie. Una dedicata alle gru che svettano sulla campagna abbandonata e la seconda, Binari, un canto melanconico sul degrado urbano. Parla dell’allarme dell’ONU sullo stato di salute del nostro pianeta.

Simone riporta l’incontro su un argomento, il perdono, già anticipato da Azalen che ha portato Il foglio della Mediazione, il giornale pubblicato dal CIMFM di Bologna, il centro della mediazione dei conflitti che opera nel quartiere della città.

Ne nascono riflessioni condivise. C’è chi dice: è un gesto simbolico, uno scambio tra uomini per dare una possibilità o a se stessi o a un’altra persona. 

Un partecipante aggiunge: "se non avessi avuto atteggiamenti duri, mi avrebbero schiacciato, sto cambiando, voglio fare il bravo ragazzo"

Un altro soggiunge: "è come essere venuto qua per niente, se non c’è perdono".

 Leandro interviene: "è un volere dimenticare, ma chi perdona accusa qualcosa che non doveva essere fatto, è un dono molto grande"

Iginia osserva che il mondo pagano non contemplava la possibilità di perdonare e che solo con il cristianesimo è cambiato l’atteggiamento verso il nemico e l’obbligo morale di perdonare le offese. 

Uno risponde: "vorrei fumare il Vangelo" alludendo al comportamento implacabile della moglie, mentre un altro confida: "dentro di me ho perdonato"

Gian dice: "il perdono non dev’essere scontato, nel momento in cui la persona riconosce l’errore non è automatico, non sono un robot, sono una persona con delle emozioni. Se vedo che cambia, fa bene a me, fa bene a lui e chi sta intorno"

Per Max è uno stato d’animo mentre Roberto sottolinea il carattere intimo e privato dell’atto, per cui chi è perdonato può non saperlo mai.

Simone introduce un altro elemento chiedendo se vi sono cose imperdonabili. 

Iginia rammenta il salmo che recita: Il mio peccato mi sta sempre dinnanzi. Tu puoi perdonarlo, riferito all’episodio biblico di Davide, l’unto del Signore, che aveva condannato a morte il marito della donna di cui si era innamorato, sostenendo che niente è imperdonabile se c’è coscienza dell’errore. 

Di differente opinione è Leandro che afferma: "l’esasperazione del perdono è perdonare ciò che non può essere perdonato"

Iginia distingue tra il perdonare e il dimenticare, in quanto il perdono non consiste nel cancellare l’atto, ma anzi prevede la necessità di ricordarlo, spogliandolo di tutte le emozioni negative come odio, rancore, risentimento, voglia di vendetta. 

Simone pone l’antitesi tra i due opposti inconciliabili: il desiderio di vendetta e il perdono che rimette il debito al debitore. Poi accenna al fatto che perdonare richiede un percorso trasformativo e coinvolge sia il perdonante, sia il perdonato. "Bisogna avere fiducia nella possibilità di cambiamento di chi ha sbagliato, se ritengo che è sbagliata la persona non trovo spazio per il perdono", conclude. 

Per Leandro il perdono è il dono più grande e comporta una valutazione dell’umanità, non è quantificabile. 

Per Azalen è un processo che mette di fronte due soggetti, mette sempre in gioco una relazione. 

Perdonare non è non provare odio, ma è la forza di tenere in vita una relazione nonostante la ferita che il torto ha aperto. Non è cancellare, ma ricordare per potere lasciare andare un passato che non vuole passare.

L’incontro si conclude, tra i saluti e le strette di mano.

* I nomi dei detenuti sono di fantasia   

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