lunedì 23 febbraio 2015

Triangolo Rosso di Paolo Liggeri

PAROLE OLTRE - LA VOCE DEI DETENUTI

Prefazione di Triangolo Rosso. 
di Don Paolo Liggeri

Docce - Vittore Bocchetta

Qui viene riportata la testimonianza di una persona detenuta straordinaria: Don Paolo Liggeri (Vedi un profilo di Paolo Liggeri sul sito dell'ANPI QUI), e più precisamente la prefazione del suo libro: Triangolo Rosso. Don Paolo Liggeri è stato uno degli eroi della resistenza italiana, nasce a Augusta (Siracusa) nel 1911, nel 1943 fonda il centro di assistenza sociale "La Casa" in via Mercalli a Milano, dove viene offerta accoglienza ai bisognosi ma anche ai perseguitati politici. Arrestato dai fascisti, viene recluso a San Vittore e in seguito deportato nei campi di concentramento di Fossoli, Bolzano, Mauthausen, Gusen e Dachau. Triangolo Rosso è il diario della sua tragica esperienza detentiva.

Prefazione di Triangolo Rosso

Devo dire che nel rileggere questo diario mi sono commosso? Sì, mi sono commosso e ho palpitato, ho fremuto, ho spasimato ed agonizzato, come quando lo scrissi, rivivendone ogni pagina, come se fosse ieri.

Ora sono passati degli anni... e questi ricordi forse non sono più... di moda, non sono di attualità...

Ma c'è una verità sempre attuale, che balza da queste pagine intrise di orrore e di sangue, una verità che non dovrebbe essere mai dimenticata, se gli uomini non vogliono ripiombare nella più spaventevole tragedia. Ed è questa, secondo me:

Quando gli uomini non hanno una fede soprannaturale, diventano facilmente bestie. Quando gli uomini non credono in una giustizia superiore, infallibile e inappellabile, diventano capaci delle più inaudite nefandità e scelleratezze.

In queste pagine si parla genericamente di “fascisti” e di “tedeschi”, così, come ne parlavano gl'internati. Ma tutti gli uomini, siano tedeschi o russi, americani o italiani, bianchi o neri, ebrei o cattolici, tutti, quando perdono il senso del divino, molto facilmente finiscono con il perdere anche il senso dell'umano: non credendo in Dio, distruggono gli uomini, e, di conseguenza, anche se stessi.

Questa è la vera conclusione di queste pagine, la verità che resterà sempre attuale, e che non bisognerebbe dimenticare mai.

Io le ho scritte, queste pagine, e torno a pubblicarle, non per una insulsa esibizione, né per suscitare nuovi rancori, ma per rendere testimonianza alla storia e per proclamare quella verità, oltre che per un doveroso tributo di affetto ai miei fratelli di sofferenza.

Ai lettori, che possono essere colti da un senso di incredulità, posso giurare che tutto quanto ho annotato è tremendamente vero, anzi che ne ho smorzato i toni e le asprezze, ed ho taciuto volutamente, tante, molte altre cose, altrettanto tremendamente vere... ed orrende.

Qualche buon cristiano si è stupito di non trovare in queste pagine la parola perdono. Io spero che il senso del perdono sia avvertito dal lettore, anche se non espresso esplicitamente da me, che non serbo davvero alcun rancore, ma tanta pietà anche per gli oppressori. La parola “perdono” è troppo grande!

Perdonare io?

Tutti abbiamo bisogno di perdono.

Tutti abbiamo bisogno di compatirci a vicenda, per poterci stringere meglio in una grande e solidale fraternità, che trasformi il mondo in una immensa famiglia, di cui Dio è veramente il Padre, e il Cielo la sua e la nostra casa futura.

Paolo Liggeri.

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