domenica 17 novembre 2013

Il serraglio

PAROLE OLTRE - LA VOCE DEI DETENUTI

Il serraglio
di Gio

2 luglio, siamo in una assolata giornata estiva. Gli zoo vengono chiusi. Per gli animali, difesi dagli animalisti, bisogna trovare una sistemazione. Invece di rimandarli nei loro habitat naturali, decidono di sistemarli in un vecchio convento di metà Ottocento, San Vittore. Usano questa vetusta costruzione come una grande arca, paragonabile a quella che Noè usò al tempo del diluvio, per salvare la sua famiglia e ogni razza animale. Infatti, qui si trova ogni sorta di animali: dal vecchio leone sdentato al rampante cavallo, dai mansueti agnelli a quegli animali con il manto di lupo. Cavalli, iene, leopardi, cobra e viscidi serpenti, tutto quello che si può definire animale, è stipato in celle anguste, senza la minima igiene e foraggiato male. La fauna è separata per sesso, quella femminile in in un edificio o scomparto, come dir si voglia, per non riprodursi. Visto il superaffollamento dell'immaginaria arca. 


Come guardiani degli animali, sono posti uomini che rappresentano la più varia razza animalesca umana. L'unica differenza tra loro e gli animali è che Dio li ha creati intelligenti e con il libero arbitrio. Però alcuni non sono soliti servirsi né dell'intelligenza, né del libero arbitrio per distinguersi dagli stessi animali. Un'altra differenza è che hanno la parola, ma la usano male e con un vocabolario limitato. 

Godono a vedere soffrire una giovane gazzella, una bella zebra o un mansueto agnello. Usano il loro potere per fare rimpiangere agli animali lo zoo, che persino con le sue restrizioni era meglio dei recinti dove sono custoditi. I loro occhi sono spenti perché non vedono l'ombra della vegetazione. 

Qui si sente solo il ringhiare dei cani, gli ululati tremendi, i nitriti di paura e impietosi, il battito degli zoccoli. L'unica nota che dona una parvenza di serenità è la presenza di quattro canarini che la pietà di qualche uomo ha separato dagli altri per metterli in una piccola gabbia. Il loro cinguettio reca un po' di gioia agli stessi animali. 

Tra gli animali c'è una piccola farfalla multicolore che decide di scappare, passando, viste le sue dimensioni, tra le maglie di una grata, collocata a protezione della finestra. Vola verso la libertà, ma si accorge di non ricordare come era l'esterno. Nuvole di smog, grossi mostri, mostri viaggianti e rumorose moto in movimento, passanti spazientiti, presi dal vortice frenetico della vita. Solo un bel ricordo lo spot della Cinar dell'uomo seduto in mezzo al traffico cittadino. La smarrita farfalla vola impaurita fra i grossi veicoli e le persone che vanno da un punto all'altro della città. 

Nel caos generale vede una bambina, impaurita da quella frenesia generale. Alla vista della farfalla, la bimba sorride e la farfalla si posa sulla sua mano. La ragazza prova grande stupore vedendo quella variopinta farfalla, l'aveva vista solo sui libri di scuola perché oramai con l'avanzare della cementificazione, i verdi prati e i campi sono quasi scomparsi. 

Però la farfalla pensa agli altri animali chiusi nell'arca, dopo avere regalato un sorriso alla bambina, decide di tornare in attesa del suo destino, costellato di ingiustizie, soprusi, egoismi. Perché è facile punire i deboli, ma i pesci grossi nuotano liberamente nelle acque del nostro pianeta.

* Il nome dell'autore detenuto è di fantasia. Il testo qui riportato non è una trascrizione fedele ma è frutto di una personale e approssimata rielaborazione del testo originale letto dall'autore durante i nostri incontri.

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