lunedì 29 settembre 2014

Zora la città e la memoria

Incontro del 8 settembre 2014 Milano Casa circondariale San Vittore. 
Ancora una città invisibile di Calvino che porta a confrontarsi sulla memoria.
Azalen TomaselliLeandro Gennari e Simon Pietro De Domenico con le persone detenute.
Ultimi giorni d’estate a Milano, gente abbronzata, alcune ragazze continuano a andare in giro con pantaloni corti e scollature da mare, quasi a prolungare il senso di libertà delle vacanze appena finite. I più previdenti hanno tirato fuori, rassegnati, spolverini e indumenti di mezza stagione, dopo avere scrutato il cielo, percorso da qualche nuvola. 

Superati i controlli, Azalen e Simone approdano al sesto secondo. Qui la gradita sorpresa di nuovi iscritti suggerisce una breve presentazione del progetto e dei lavori in corso. 

Simone spiega che il Libroforum organizza incontri con autori, ma che vuole essere soprattutto un’occasione per dibattere sugli argomenti che il libro propone. La discussione è libera e socratica, senza schemi preconcetti, unica regola il rispetto per le opinioni altrui. 

Su richiesta di un partecipante, Simone parla del suo lavoro e Azalen cerca di presentare la sua attività di mediatrice, spiegando cos’è la mediazione: una forma di giustizia riparativa che si propone di riaprire il dialogo interrotto tra un autore di reato e la sua vittima in presenza di un terzo neutrale, allo scopo di favorire la riconciliazione o per lo meno il riconoscimento delle ragioni dell’altro. In caso positivo, chi ha sbagliato può offrire un risarcimento simbolico (le proprie scuse, una stretta di mano, un invito), in caso negativo ciascuno ha avuto la possibilità di esporre la propria versione dei fatti, anche se non si è giunti a un accordo. 

Dopo questa digressione, è Simone a riprendere il filo del discorso per accennare al progetto di scrittura che si richiama alle Città invisibili di Calvino, presentando brevemente il libro che lo scrittore ha elaborato a partire da appunti raccolti lungo numerosi anni. 

Un libro poliedro, composto dal materiale accumulato, che mostra varie sfaccettature della città e si interroga sulle ragioni segrete che hanno portato gli uomini a vivere nelle città, “ragioni che potranno valere al di là di tutte le crisi”, come sottolinea lo stesso autore. 

Il discorso si fa difficile e si nota qualche segno di stanchezza nell’uditorio. Azalen propone di leggere un brano, per entrare nel vivo del lavoro. La struttura modulare permette di aprire una pagina a caso. 

Simone si offre di leggere un testo, tratto dalla serie Le città e la memoria, che Renata ha scelto aprendo il volume a pag.15. Vi si parla di Zora, una città che una volta vista lascia una traccia indelebile nella memoria, non per la sua bellezza o per la sua forma non comune, ma per il modo in cui si offre alla vista, come una partitura musicale nella quale non si può spostare nessuna nota. 

Come un reticolo essa permette di ordinare in ogni casella, nomi, date, classificazioni di piante e animali, posizione delle stelle. Ma una città che è condannata a rimanere uguale e immobile segue il destino di disfarsi e svanire. 

Il testo lascia spiazzati i partecipanti e Simone propone di trovare un significato, un sotto-testo, rileggendo qualche passaggio topico. 

Renata osserva che è difficile trovare un senso. Qualcuno parla di come spesso i ricordi vengano e finiscano per occupare la mente. 

Azalen sottolinea che questa città dove tutto si ricorda finisce per essere dimenticata, perché fissa il passato e lo mummifica. 

Uno dei partecipanti si sorprende nel sentire che la mente rielabora continuamente i ricordi, e che gli stessi eventi possono essere modificati con il procedere del tempo. 

Azalen afferma che l’identità personale dipende dal modo in cui ognuno racconta a se stesso la propria storia e classifica tutte le evenienze che l’hanno caratterizzata. L’identità personale si fonda sulla possibilità di ricordare il proprio vissuto. 

D’altra parte la memoria non è come una cera su cui imprimere il proprio passato, ma è necessariamente selettiva. Infatti ricordare tutto significherebbe creare una situazione spaventosa, patologica, così come rimanere ancorati al passato, facendo ruotare tutto attorno a un unico evento. 

Insomma, ricordare può essere inutile, come nel caso di Ireneo Funes, il personaggio di Borges, condannato a non dimenticare nulla, metafora della inutilità folle del ricordo, quando soverchia il significato e lo annulla in una catena continua di rimandi a immagini e sensazioni inutilizzabili. 

Verso la fine, un partecipante parla dei suoi interessi per il giornalismo citando alcuni casi di cronaca di cui si è occupato con brillanti risultati. Prima di concludere l’incontro Giovanni e Jerry si scambiano qualche battuta non proprio benevola riguardo alla turnazione dei lavoranti. 

Simone richiama al rispetto e alla regola di non trattare questioni che esulano dal contesto e che possono urtare la suscettibilità. 

I saluti e calorose strette di mano pongono fine alla discussione, il gruppo sciama nel corridoio, dove uno strascico del battibecco è interrotto prontamente dall’agente. 

Libroforum torna tra sette giorni con un ospite.

* I nomi dei detenuti sono di fantasia

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