lunedì 3 marzo 2014

Eugenio Giudici: tra storia e finzione

Incontro del 17 gennaio 2014 Milano Casa circondariale San Vittore. 
Eugenio Giudici presenta i romanzi Il sarto di Crema, L'ultimo galeone e la raccolta Piccole storie.
Eugenio Giudici, Azalen Tomaselli Simon Pietro De Domenico con le persone detenute.
La corte di Mantova - Andrea Mantegna

Il cielo pallido è sgombro di nuvole. Azalen e Simone si ritrovano con Eugenio Giudici al bar di via degli Olivetani per varcare il portone di San Vittore. Qui sono fermati per i rituali controlli al sesto reparto, dove il capoposto vieta l'accesso all'ospite (non è munito di pass e non ha ricevuto l'avviso della sua autorizzazione). Scorrono i minuti e infine un agente esce comunicando: “E' tutto a posto”. Salgono la stretta scala e arrivati nell'aula-cella, il bibliotecario avverte che alcuni partecipanti sono già all'aria, altri sono nel corso scuola e non potranno essere presenti. 

C'è un minuscolo gruppo interessato e pronto a dialogare con l'ospite di oggi. Dopo la lettura del diario di bordo Eugenio Giudici spiega come gli sia nata la passione per la scrittura e parla della lunga incubazione del suo romanzo di esordio: Il sarto di Crema. Il romanzo trae spunto da una storia vera. L'impiccagione di un uomo avvenuta nel 1816, sulla cui tomba la gente del posto depone, ancora oggi, dei fiori. Era una sorta di Robin Hood, il leggendario fuorilegge medievale, vissuto nella contea di Nottinghamshire che rubava al Re e ai suoi scagnozzi per restituire ai poveri i soldi sottratti con le tasse. La storia è inventata, ma l'ambientazione è vera – precisa l'autore - frutto di accurate ricerche storiche. 

Questa miscela di realtà e di finzione caratterizza anche il secondo romanzo di Eugenio Giudici: L'ultimo galeone, un thriller che si sviluppa sullo sfondo, della guerra civile spagnola, combattuta tra i nazionalisti, (autori del colpo di stato che porterà alla dittatura di Francisco Franco) e i repubblicani (composti da truppe fedeli al governo repubblicano guidato dal Fronte Popolare di ispirazione marxista). Una guerra feroce dove si sono testate tutte le armi nuove, dai mezzi corazzati agli aerei di picchiata Stuka, e che costituì, per le forze in campo, il banco di prova del conflitto mondiale che avrebbe visto lo scontro di due opposti sistemi di pensiero: il sistema conservatore e quello comunista. 

Il fronte socialista era frammentato e le sue componenti si lottavano per l'egemonia, spiega l'autore. Quando nel '36 le truppe nazionaliste avanzavano verso Madrid, il governo repubblicano, paventando la disfatta, raccolse tutto l'oro e da Madrid lo trasferì a Cartagena. Tre quarti del tesoro in monete, un carico di settecento tonnellate d'oro fu trasportato in Russia. Da questo episodio storico, parte l'invenzione: all'arrivo i conti non tornano, c'è infatti una discrepanza nel conteggio delle casse e il funzionario Vladimir Vasiliev, che si era accorto della mancanza di cento casse, viene mandato in missione con la sua squadra alla ricerca del bottino disperso, lungo il percorso dell'oro. 

Il viaggio porterà tutti i personaggi a interrogarsi sulle loro convinzioni e sui valori e soprattutto sul significato della parola “compagno” e sui tanti significati che essa può avere a seconda di chi e di dove venga usata, mentre in Russia Stalin dà l'avvio ai processi e alle purghe per punire i “traditori”.

Simone osserva che l'elemento che colpisce è l'ispirazione, cioè quell'elemento che sollecitando la sensibilità, di fronte a fatti o fenomeni, diventa il motore della scrittura.
Sul tema dell'ispirazione che dà l'impulso allo scrittore i partecipanti si confrontano. Carlo sostiene che alla base deve esserci un vissuto reale. Eugenio si sofferma sulla mescolanza di realtà e finzione e parla di personaggi reali con nomi inventati e poi parlando della velleità di scrivere, cita una frase: “Quando devi pensare, pensa in grande, che ti costa, se allunghi una mano verso le stelle, non le toccherai ma vi andrai più vicino”.
Simone chiede a Eugenio Giudici di presentare la sua raccolta di racconti, selezionata al premio CalvinoPiccole storie. Un partecipante chiede: “Sono storie inventate o vere?”: Sono vere le persone protagoniste ma alcuni fatti sono frutto di invenzione, chiarisce l'autore. Poi Simone mostra un'immagine del volume che riproduce la Camera picta, di Andrea Mantegna (1465-1474) celebrazione politico-dinastica della famiglia Gonzaga, raffigurata nell'affresco del torrione nord est (castello San Giorgio a Mantova). 

Simone chiede ai partecipanti: “Il personaggio protagonista del prologo di Piccolo Storie è in questo affresco, chi è secondo voi?” La protagonista è la nana. Alcuni sollecitati indovinano la risposta, intuendo il significato di “piccole” che compare nel titolo della raccolta, sul filo dei pensieri supposti nella testa di personaggi alti e illustri. Un quadro di cui si sa tutto ma che ha suggerito allo scrittore i pensieri che abitano la mente dei vari personaggi. 

Mentre l'immagine gira di mano in mano, Eugenio rivela di avere scritto queste storie per sua figlia che lavora all'estero per farle conoscere aspetti della sua vita che lei ignora e di volerlo dedicare a tutte le persone alle quali ha voluto bene, anche a quelle di cui non condivide le opinioni. 

Questo tema fa parlare del rispetto, per Johnatan esso è un obbligo. Ma Eugenio risponde: "Io sono uno spirito anarchico e ho due valori di base: la responsabilità personale e il rispetto per tutti gli altri”. Qualcuno osserva “Piccole storie è un libro di affetto, ma fatto sul rispetto”, “E' il racconto di una adulto che si vede con gli occhi di quando era bambino, sono le storie che il bambino ha sentito raccontare nella bottega del barbiere", soggiunge l'autore, "e c'è anche l'obiettivo di raccontare un pezzo dell'Italia degli anni '50, con gli entusiasmi e il fermento che l'ha contraddistinta". 

Dopo la lettura della introduzione e la dedica agli amici del sesto secondo, l'incontro si conclude.

* I nomi dei detenuti sono di fantasia 

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