martedì 7 maggio 2013

Per un paio di ore in carcere - Antonella Cavallo

Incontro del 9 aprile, 2013 Milano Casa circondariale San Vittore
Considerazioni di Antonella Cavallo (vai QUI per il resoconto)
Sono qui, nel tepore della mia casa-bomboniera a raccogliere le emozioni di questa giornata particolare, reduce da un appuntamento così fortemente voluto. Sono stata a San Vittore, al reparto femminile, privilegiato, come viene definito dai più... Tutto è cominciato dal mio desiderio di far avere qualche copia del mio romanzo alla biblioteca del carcere e da lì, la proposta di fare un incontro con le detenute e parlarne con loro. La prospettiva era un pubblico di tre quattro persone, per me era uguale, ne avrei parlato anche con una sola. Oltrepassiamo il primo cancello, poi un secondo, saliamo un paio di rampe che danno sul cortile dove delle figure sostano, passeggiano, fumano... Una porta con una fessura, un campanello, due occhi che scrutano, il clangore della serratura, porte che si aprono per richiudersi dietro l'ultimo tallone. Ci chiedono se vogliamo una guardia che ci scorti fino in biblioteca, la psicologa conosce bene la strada e ci conduce al nostro appuntamento. Entriamo nella biblioteca, è accogliente ci sono un paio di tavoli rotondi con delle sedie attorno e alcune file di sedute per le spettatrici. Che non ci sono. 



Riempiamo noi il locale, siamo in sette: io, Sonja, l'educatore, la psicologa e tre giovani universitari che ci faranno da spalla. Sistemiamo le nostre sedie a semicerchio di fronte alla platea. Entrano cinque ragazze dell'Ecuador e si siedono. Entra M. col libro Una moglie imperfetta stretto tra le mani, ci saluta si presenta, dice che ne ha già lette una ventina di pagine, le piace! Segue la polacca, mi saluta, parla spagnolo, ha letto il mio La Pietra dei Sogni aiutata dalla compagna di cella F.; a loro è piaciuto molto e si è riconosciuta in Lucrezia, in alcune parti. Arriva P. si accomoda in prima fila, ha un paio di riviste, accavalla le gambe e le sfoglia. Seguono altre e altre ancora sono in arrivo, aspettano che qualcuno vada da loro ad aprire la cella. Una ragazza si accomoda accanto a noi e cominciamo. Dopo i primi istanti di silenzio, Sonja attacca con la prima nota e da lì non ci siamo più fermate, fino a quando ci hanno strappato la promessa di tornare settimana prossima. 

Non avevo di proposito portato l'orologio, ma sapevo che il tempo a disposizione era scaduto, dovevamo andarcene, lasciarle andare... Abbiamo fatto l'atto di alzarci quando la signora P. ha bofonchiato: "Ecco già se ne vogliono andare." Mi sono seduta, avevo dimenticato una cosa importante, la lettera che Vera aveva scritto per loro. L'ho presa e consegnata alla ragazza di lingua spagnola che mi sedeva di fronte e che già all'inizio aveva letto la mia lettera con un'enfasi da professionista. Ha letto le accorate parole di affetto di Vera che hanno colpito il cuore delle compagne. Al termine della lettura la responsabile della biblioteca ci ha chiesto: "Chissà, pensate che sarebbe disposta a venirci a trovare?" Io e Sonja abbiamo sorriso, la risposta affermativa era implicita.
È stata un'esperienza bella, intensa, commovente, quando a fine incontro la donna alta glabra che sedeva in ultima fila con aria a tratti insofferente, mi si è avvicinata coi nostri libri in mano e mi ha chiesto la dedica. "Scrivi a S. - mi ha detto in inglese - sono tedesca." Le ho chiesto scusa immaginando quanto potesse essersi annoiata a non capire, lei mi ha detto che no, il libro le servirà per imparare l'italiano...

F. mi ha detto di volermi parlare in privato, chiedendomi se i personaggi fossero inventati o reali poiché la trama rispecchiava esattamente la storia della sua vita...

Sono qui tra le mie cose, i miei odori, i miei gatti, la mia intimità, la mia libertà, a pensare che potrei essere al posto di ognuna di loro...

Antonella

Nessun commento:

Posta un commento