lunedì 19 dicembre 2011

Benedetto XVI visita il carcere di Rebibbia

Riflessioni di Azalen Tomaselli

Non è una novità che la massima autorità della Chiesa si impegni a dare conforto ai carcerati, agli scarti della società, come sono comunemente ritenuti anche dai migliori di noi. Già lo hanno fatto ripetutamente i suoi predecessori, e queste visite rientrano in una collaudata consuetudine pastorale.
Allora perché parlarne? Non certo per dovere di cronaca. Ma per fare luce sul momento in cui questa visita avviene e sul significato simbolico di cui si riveste. Anche per il modo fuori dai protocolli con cui  Il Papa si è intrattenuto  a colloquio con i detenuti,  ascoltando le loro richieste.  «VORREI potermi mettere in ascolto della vicenda personale di ciascuno, ma purtroppo non è possibile …” ha esordito, poi ha messo l’accento sui problemi che pesano sul nostro sistema penitenziario, primo fra tutti, il sovraffollamento e la condizione di reietti che questo sovraffollamento impone . “Voi scontate una doppia pena che rende più amara la detenzione “, ha riconosciuto il pontefice. Ratzinger sa che il significato di questo incontro sarà letto in chiave di politica interna e rivolge un appello al Governo perché presti attenzione alla condizione di vita dentro i penitenziari, il sovraffollamento è una doppia pena, ribadisce. 




Ma nelle sue parole c’è soprattutto un invito alla rinascita interiore e a riavvicinarsi a Dio. Messaggio spirituale e giustizia non sono due mondi separati. Il valore simbolico di questo incontro sta nel fatto che la massima autorità cattolica abbia acceso i riflettori su una realtà - quella delle carceri -  misconosciuta e negata dai più. Mostrando  come  pezzi sempre più vasti della realtà escano dal nostro orizzonte mentale. Non sappiamo e non conosciamo tutto quello che - ci illudiamo -  non faccia parte del nostro orizzonte minore. Viviamo come stranieri in una società di cui ci sfuggono i perversi  meccanismi economici, gli strumenti  politici a corto e a lungo raggio, e non sappiamo neanche chi detenga le leve di un potere, il cui centro è sempre più lontano dal nostro controllo Il significato simbolico deriva anche  dal  fatto che a accompagnare il pontefice sia stato proprio il neoministro alla Giustizia Paola Severino,  che ai microfoni di Radio vaticana aveva definito una felicissima coincidenza la visita del Papa e l’approvazione del decreto  svuota carceri. Il ministro ha affrontato  anche il capitolo della custodia cautelare che – assicura - dovrebbe essere disciplinata in modo tale da diventare una misura veramente eccezionale. Ma c’è infine una valenza  simbolica che parla direttamente  attraverso le immagini e le parole stesse dei detenuti che hanno rivolto i loro appelli al Papa. Federico denuncia la sua difficoltà a lasciarsi alle spalle il passato e la cattiveria con la quale i carcerati vengono rappresentati nell’immaginario collettivo : “..spesso parlano di noi in modo feroce”. A lui il Papa ha replicato “.. anche del Papa parlano a volte in modo feroce!”. La valenza simbolica  è l’avere denudato il volto feroce che il carcere, come mondo a parte riflette sul “mondo libero”: le molte sfaccettature di come siamo o di come potremmo essere, il volto oscuro di chi inciampa e quello più abietto di chi vuole ribellarsi, il volto perplesso di chi si interroga sul lato più opaco della nostra natura e il volto indifferente di chi si tira fuori. La ferocia è diventata l’altro volto di una società che non ha tempo di pensare ai più deboli. E non vale molto credere che essi siano una minoranza.. Abbiamo perduto non solo le certezze ma anche la speranza e la volontà di lottare per assicurare a noi e alle generazioni che verranno una società migliore. “Siamo caduti e siamo qui per rialzarci” protesta lo stesso Federico” e Omar esclama “Ti voglio bene!”
«So che in voi il Signore mi aspetta» risponde a tutti  Benedetto XVI, ricordando che per il Vangelo «dovunque c’è un affamato, uno straniero, un ammalato, un carcerato, lì c’è Cristo stesso che attende la nostra visita e il nostro aiuto». Poi soggiunge: «Sono venuto però a dirvi semplicemente che Dio vi ama di un amore infinito e siete sempre figli di Dio” Il Papa teologo spiega, inoltre, che «gli uomini non sono in grado di applicare la giustizia divina, ma devono almeno guardare ad essa, cercare di cogliere lo spirito profondo che la anima». Prima che il Papa  lasciasse la casa circondariale di Rebibbia da dietro le transenne e dalle finestre delle celle molti detenuti  gridavano: “Amnistia! Amnistia!” Stampa e telegiornali hanno dato ampio spazio alla visita di Benedetto XVI.
Che sia un segno?

Nessun commento:

Posta un commento